Attualità

“L’uomo che non sono” di Cristina Bellon, intervista all’autrice

L’intervista in esclusiva per Newsly della scrittrice e giornalista Cristina Bellon. Ha pubblicato per Mondadori “il futuro spiegato ai ragazzi” del 2012, “L’ora breve” del 2014 per Gruppo B, i racconti “Il giorno del persico” nell’antologia “Delitti di lago” – Morellini 2015 e “Il prigioniero dell’Ade” – Morellini 2016. Collabora con la Stampa, Panorama, Donna Moderna, scrivendo di attualità e scienza. E’ ora in libreria con “L’uomo che non sono” edito da Cairo Editore.

Cristina Bellon, quando è iniziata la tua passione per la scrittura e la comunicazione? “La passione per la scrittura è nata sui banchi di scuola, nel biennio delle superiori. Dopo aver letto i Promessi Sposi, io e una mia compagna di classe, con l’arroganza tipica dell’adolescenza, abbiamo pensato che si potesse fare di meglio… così durante le ore più monotone ci siamo cimentate nella stesura di un romanzo, tuttora inedito e perfino scomparso (chissà dove è finito!). L’amore per la comunicazione è emerso dal mio primo vagito e poi si è raffinato imparando la lingua italiana. Cercavo di spiegare a tutti i miei coetanei il perché delle cose, secondo il mio punto di vista, che allora era assoluto.”

Su la Stampa, Panorama, Donna Moderna e altri magazine tu scrivi di attualità, scienza e ambiente. Come ti sei avvicinata a questi argomenti? “A nove anni avevo già percepito che sarei stata incompresa dagli umani. Speravo di incontrare Actarus, il pilota del Goldrake, che mi portasse con lui a esplorare lo spazio. Peccato che fosse un cartone animato! Sono curiosa, amo scoprire ciò che non conosco: talvolta l’attualità supera la fantasia, l’ambiente che ci circonda è pieno di sorprese e del cielo conosciamo solo il 4%. Perché accontentarsi?”

scrittrice-cristina-bellonIl tuo nuovo romanzo per Cairo editore si chiama “L’uomo che non sono”. Il protagonista è Giovanni Tosi, un uomo che dopo una vita di copertura esce allo scoperto e rivela la sua vera natura. E’ la storia di una metamorfosi dolorosa, una storia forte e triste. Questa comporterà un viaggio all’inferno e ritorno. Come hai creato questo personaggio così spigoloso e difficile da raccontare? “Proprio perché era una sfida. Sono una delle pochissime scrittrici italiane, se non l’unica, a essersi calata nei panni di un uomo e a raccontare la sua storia, in prima persona. Non ho descritto un eroe, ma un uomo inetto, come alcuni protagonisti dei romanzi del primo Novecento. La natura di Giovanni è quella di essere fragile, imperfetto. Troppo spesso dimentichiamo i nostri limiti, attirati dalle luci di una città globale che ci vuole tutti sul palco. E siamo disposti a tutto per seguire errati modelli sociali, come pecore che non sanno chi è il loro padrone.”

“L’uomo che non sono” lo possiamo definire un thriller o un noir? “Un noir, perché mette a nudo quella zona d’ombra che c’è in ognuno di noi. C’è una citazione di Shakespeare, nella Tempesta, che mi ha sempre colpito e che ho riportato nel romanzo: “Questa cosa oscura la riconosco mia”. Riconoscere la nostra parte malvagia è il primo passo verso lacatarsi.”

Tu parli di metamorfosi, cosa significa per te e cosa significa per il protagonista? “Il cambiamento ci fa capire il senso del tempo e la dura lotta che ci impegna fin dalla nascita per conoscere noi stessi e per affermarci nel mondo. Ognuno porta in sé le ferite e le cicatrici di questa lotta, per staccarsi dalla propria vita meramente biologica e conquistare la propria autonomia. Poi, come Giovanni, c’è chi si accontenta delle emozioni che sente mentre corre. C’è invece chi, come me, pensa a raggiungere il traguardo.”

Gli aspetti psicologici di questo romanzo sono determinanti e essenziali per la narrazione perché danno quel “quid” in più. Come li hai usati? “Studiando le astuzie di Agata Christie li ho disseminati in ogni pagina, perché ogni azione non fosse solo un piano su cui scivola la narrazione, ma un oceano in cui immergersi per scoprire che sotto la superficie c’è un mondo ancora misterioso e parzialmente inesplorato: quello della psicologia umana.”

Sei ora in tour per presentare il romanzo. Cosa rappresenta per te il contatto con il pubblico, un accrescimento o una condivisione di emozioni? “Il contatto con il pubblico è stato determinante per me, non solo per condividere un’emozione, ma per capire il grande divario tra una letteratura che insegna e una letteratura che fa soldi. Invito le case editrici e tutti i miei colleghi a scendere dalla pedana e capire meglio il diritto di ogni lettore: la parte terminale di quel filo rosso che unisce la creazione di una storia con l’eternità. Oggi le storie narrate muoiono in pochi mesi. Chiediamoci il perché.”

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