Tecnologia

Rumuki, l’App che previene la diffusione di filmati privati: come funziona?

Per arginare il fenomeno del cosiddetto revenge porn, vale a dire i filmati intimi con il proprio ex diffusi senza il consenso, arriva Rumuki, l’app disponibile al momento solo sulla piattaforma iOS, per chi ama condividere video intimi, ma non vuole poi che questi diventino virali e quindi di pubblico dominio, in caso di rottura del rapporto con la persona con cui sono stati girati e condivisi.

Dopo i fatti di cronaca di questi ultimi tempi, questa app arriva nel momento giusto. Il caso più eclatante è stato ed è senza dubbio quello di Tiziana Cantone, ma le cronache di questi tempi ci restituiscono altri casi simili con un unico comune denominatore: l’umiliazione sempre e soltanto della figura femminile. Ecco allora che con l’approssimarsi della Festa della Donna capita l’occasione propizia per parlare di questa app, perché in questo caso proprio la tecnologia, causa di questi deprecabili fatti di cronaca, arriva in soccorso di tutte le persone che ci tengono a proteggere i propri momenti di intimità e prevenire eventuali divulgazioni indesiderate di materiale privato.

Come funzione Rumuki?

In sostanza l’app Rumuki non fa altro che accoppiare due smartphones, appartenenti, ovviamente, alle due persone che decidono di registrare un video. In automatico l’app assegna a questo materiale video una doppia chiave di sicurezza, una per ogni smartphone. Per poter riprodurre e condividere il video è necessariamente richiesto il consenso di entrambi gli utenti coinvolti: nel caso in cui uno dei due neghi la concessione del consenso, l’altro non potrà riprodurlo e condividerlo. Se poi uno dei due partner decide di disfarsi della chiave di sicurezza, come diretta conseguenza si avrà la cancellazione automatica del video su entrambi gli apparati. In questo modo non è possibile che terze persone possano accedere al video e quindi diffonderlo sul web. E’ ovvio che tale sistema si può bypassare nel caso in cui uno dei due partner provveda ad estrarre e salvare copia del video in momenti in cui avrebbe il consenso dall’altro. Quindi l’app non risolve definitivamente il problema ma evidentemente porta una importante novità.

La vendetta dei nostri giorni

Sì perché si scrive revenge porn ma evidentemente si legge vendetta. Le statistiche parlano chiaro: ben oltre il 15% di chi pratica sexting, infatti, ha rivelato di esser stato minacciato o di esserne stato addirittura vittima. Per la precisione il termine sexting, derivato dalla fusione delle parole inglesi sex (sesso) e texting (inviare messaggi elettronici), è un neologismo utilizzato per indicare appunto l’invio di messaggi, testi e/o immagini sessualmente espliciti, principalmente tramite il telefono cellulare o tramite altri mezzi informatici.
Ma quali sono i motivi alla base del sexting e della divulgazione? Primo fra tutti il rancore per una storia finita e quindi il relativo desiderio di vendetta. L’app, al momento disponibile solo per iOS, potrebbe quindi prevenire tale fenomeno e tutelare chi ha l’abitudine di condividere materiale intimo in modo volontario. Ovviamente la soluzione migliore è quella di non girare video della specie ma chi proprio non riesce a rinunciarci potrebbe utilizzare questa app a scopo preventivo.

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