Ad un anno esatto da quel 1 Ottobre 2017, giorno del contestatissimo referendum sull’indipendenza catalana (finito, com’è noto, nel sangue), Netflix carica il documentario Due Catalogne (Dos Cataluñas) diretto da Álvaro Longoria e Gerardo Olivares.
Lo scopo del documentario è cercare di mostrare tramite interviste, comizi elettorali, retroscena le cosiddette “due Catalogne”, ovvero la spaccatura di un popolo che ha visioni contrastanti sul proprio avvenire. Il lasso di tempo preso in considerazione è molto breve, si parte dal 2016 – anno di insediamento del governo della Generalitat guidata da Carles Puidgemont – alle elezioni indette dopo l’applicazione dell’articolo 155 di Dicembre 2017.
Nonostante la vastità di argomenti trattati (il documentario dura quasi due ore), il lasso di tempo preso in esame non permette di tracciare – se non indirettamente – una cronostoria del movimento indipendentista che è cresciuto a ritmi velocissimi negli ultimi 15 anni. Due Catalogne, quindi, è una ricostruzione imparziale dei risultati di un processo lunghissimo, senza pretendere di scandagliarne le cause.
La separazione degli schieramenti: un documentario bilingue
Il documentario corre sul filo del bilinguismo, tema molto controverso in Spagna. Tutti i rappresentanti del cosiddetto “schieramento indipendentista” (ora Junts x Catalunya) parlano esclusivamente in catalano, per una scelta precisa politica: giustificare storicamente e culturalmente le proprie scelte politiche.
Il cosiddetto “blocco costituzionalista“, catalani a favore di un’autonomia nell’ambito dell’unità nazionali, parla solo ed esclusivamente in castigliano. Ampio spazio è dato anche alla leader di Ciudadanos in Catalogna, ovvero Inés Arrimadas, attualmente leader dell’opposizione nel Parlamento della Generalitat.
Non pervenute, se non grazie agli interventi di Jorge Moragas, le posizioni del governo di Madrid, sfiduciato lo scorso giugno. Mariano Rajoy, Soraya Sáenz de Santamaría vicepresidente e commissario per la Catalogna non parlano se non per conferenze stampa registate, Pedro Sánchez – nuovo premier spagnolo – è quasi totalmente assente.
Poco spazio dedicato anche alla drammatica giornata del Primo Ottobre, probabilmente – e giustamente – per non rischiare di cadere nel sensazionalismo e nell’indignazione; ma molto alla figura di Puidgemont in esilio. L’ex presidente motiva personalmente la sua scelta di proclamare l’indipendenza e fuggire subito dopo in Belgio; ma soprattutto non può non impressionare il suo stupore nel sentirsi un responsabile di sedizione rischiando ben trenta anni di carcere.
Due Catalogne: le opinioni dall’estero
Oltre ad esponenti di primo piano della politica catalana e spagnola anche giornalisti ed opinionisti – protagonisti al pari dei cittadini degli eventi – che spiegano le loro opinioni sulla faccenda e riescono a fornire uno sguardo più distaccato sui fatti.
Il documentario passa anche attraverso lo stupore di inviati dall’estero, stranieri che hanno visto il sentimento indipendentista crescere ed esplodere anche a causa di una politica incauta che non ha saputo disinnescare una bomba pronta a deflagrare.
Il sentimento indipendentista nasce da uno storytelling di odio reciproco – dice John Carlin – ma anche da politici e personalità scellerate che hanno soffiato sul fuoco dell’intolleranza. Passato alla storia il gesto di Jose Mourinho, all’epoca allenatore del Real Madrid, contro l’allenatore del Barcellona Villanova: il famoso dito nell’occhio non poteva non essere interpretato come un atto di guerra tra le due “capitali” iberiche.
A nulla, quindi, valgono le continue dichiarazioni della politica catalana di non provare odio verso gli spagnoli e verso le istituzioni dell’Unione Europea. Nell’opinione popolare l’odio e la diffidenza sono più comuni che mai, e il dubbio che il movimento indipendentista faccia “proseliti” anche grazie a questo è più forte che mai.
L’infinita questione legale: una riflessione sullo stato di diritto
Ciò che è stato sostenuto da più parti, un argomento che mette d’accordo indipendentisti ed unionisti, è la spropositata reazione della giustizia spagnola verso gli esponenti politici. Quasi tutti i membri dell’ex governo catalano sono già in carcere o ancora in attesa di giudizio. Quasi tutti rischiano trent’anni o più di prigione.
Sia esponenti politici, che esponenti istituzionali come l’ex presidentessa del Parlamento Carme Forcadell, potrebbero essere soggetti ad una pena mai applicata prima nella Spagna democratica. Lo spettatore non può non immedesimarsi nello stupore degli interessati nel sentirsi fuorilegge da un giorno all’altro.
Una giurista spagnola, intervistata per il documentario, ritiene inoltre spropositato far pendere lo stesso capo di accusa anche per presidenti di associazioni culturali per la cultura catalana, i cosiddetti “due Jordi” per essere stati al capo di due manifestazioni degenerate in scontri con la polizia.
Due Catalogne restituisce uno spaccato forte del disastro politico e culturale creatosi nel cuore dell’Europa e che a distanza di due anni dall’inizio della “fase acuta” del conflitto è ancora lontano da un qualsiasi tipo di risoluzione.