Musica

Streaming musica online, la salvezza del mercato discografico

Streaming sugli scudi dal fronte del mercato discografico e degli usi e costumi a esso legati. Anche quest’anno la “Federazione Internazionale dell’Industria Fonografica” (nota con l’acronimo IFPI), rappresentante gli interessi dell’industria discografica su scala mondiale, ha reso noti, con il Global Music Report 2018, i dati relativi ai dodici mesi solari appena trascorsi. Che sono abbastanza sorprendenti. Anzitutto, per il terzo anno consecutivo a partire dal 1997 (parliamo quindi di un arco temporale di quattro lustri esatti), il mercato discografico globale conferma un trend di crescita che ha portato a ricavi complessivi pari a 17.3 miliardi di dollari nel corso del 2017, per un totale dell’8.1% in più rispetto all’anno precedente. Cifre importanti e significative dopo anni e anni di riflusso, ma ancora distanti dal picco di introiti registrati nel 1999.

Lo streaming su tutto

Ma la vera notizia è probabilmente un’altra. Perché riguarda il modo di fruire della musica, che si trasforma velocemente al passo delle nuove tecnologie. È infatti l’ascolto in streaming (tramite piattaforme come Spotify – in primis – ma anche Tidal, Deezer e Apple Music) a dominare per la prima volta nella storia la composizione del fatturato mondiale, accaparrandosi ben il 38.4% del mercato, superando non soltanto i dischi fisici (30%) ma anche i brani regolarmente acquistati in formato liquido e quindi scaricati (16%). Facendo un rapido calcolo, il 54% dell’intero fatturato, quindi più della metà dell’entrate complessive, proviene pertanto dal mondo dei player digitali e di internet.

La situazione in Italia

In Italia la situazione non è altrettanto florida. Il mercato discografico nell’arco del 2017 è calato del 6.37% rispetto all’anno precedente e ciò sancisce l’uscita del nostro paese dalla top ten mondiale, conquistata con un nono posto nel 2016. L’aspetto più curioso è che qui la maggior parte degli introiti è rimasta legata al supporto fisico (CD e vinile), anche se durante il primo trimestre del 2018 lo streaming ha toccato il 45% dell’entrate discografiche, sfoderando una crescita esponenziale su base annua e superando come nel resto del mondo i ricavi del segmento fisico. Curiosamente anche in Italia si registra un ritorno spassionato al vinile, in linea con gli altri paesi ma in misura ben più marcata, al punto da segnare una crescita dei ricavi del 46.7% rispetto al 2016 e occupare una nicchia significativa che si attesta intorno al 10% di tutto il mercato.

Alcune considerazioni generali

Per comprendere appieno il fenomeno non basta snocciolare i freddi dati ma occorrono alcune considerazioni. Mentre in una prima fase internet ha assestato un colpo durissimo alla salute del mercato discografico a causa del proliferare di sistemi alla portata di tutti per scaricare musica illegalmente (quindi senza pagarla), adesso è proprio grazie alla rete e alla tecnologia dello streaming, che consente l’ascolto di musica senza doverla scaricare, che il mondo discografico torna a intravedere la luce in fondo al tunnel. Certo alcuni aspetti vanno ancora rivisti, se si pensa che le piattaforme di video streaming tipo YouTube (che ovviamente veicolano anche l’audio) versano pochissimo in termini di diritti d’autore, in quanto una legislatura non particolarmente incalzante permette loro di dichiararsi non responsabili della musica distribuita. Ma la questione ancora più interessante, al di là della volatilità della musica così dispensata (Spotify e soci permettono di mettere le mani in tempo reale su centinaia di album e canzoni senza possederne nessuna fisicamente), è che lo streaming non ha per nulla ucciso la pratica di acquistare il disco. Anzi. Recarsi romanticamente nel vecchio negozio di dischi, come si faceva una volta, o acquistare on line poco cambia: portare a casa il supporto fisico dopo averlo ascoltato sul web è un segno di affezione verso l’artista, un modo di appropriarsi del suo mondo e di legarsi alla sua produzione. In quest’ottica il disco in vinile, vuoi per le dimensioni del packaging, vuoi per l’appagamento tattile che trasmette, surclassa il CD in modo imbarazzante. Non è questa la sede opportuna per aprire il quanto mai vasto dibattito sulla presunta superiorità dell’ascolto in vinile rispetto ai formati digitali, specie ad alta risoluzione. Ma curiosamente, è notizia proprio di questi giorni che la start up austriaca Rebeat Innovation nel corso dell’anno prossimo sbarcherà sul mercato col vinile HD, un disco cioè stampato con tecnologie all’avanguardia (l’audio verrà convertito in una mappa topografica tridimensionale prima di essere impresso nei solchi col laser) che garantirà una capienza aumentata del 30% e soprattutto una qualità mai sentita prima. Soprattutto, i nuovi vinili saranno leggibili dagli attuali giradischi senza bisogno di alcun aggiornamento. In altre parole, dopo che all’inizio degli anni ’90 i soloni del mercato ne avevano cantato in coro il requiem, il caro estinto ha fatto ritorno dal suo stesso sepolcro.

Tag
Back to top button
Close
Close