Politica

Partito Democratico: la situazione dopo la Direzione Nazionale

La tanto attesa direzione del Partito Democratico si è conclusa con la fiducia prorogata all’attuale reggente Maurizio Martina, il quale attraverso la sua relazione ha posto fine alla trattativa col Movimento 5 stelle e allontanato l’ipotesi di un governo col centrodestra.

Lo scontro interno che molti paventavano non c’è stato, Martina si è preoccupato di non sollevare nessuna questione ed ha chiuso la direzione senza nessun dibattito. Meno di una settimana fa era uscito dalla riunione col Presidente della Camera Fico ottimista sull’ipotesi di un possibile accordo col Movimento 5 stelle, ma poi sconfessato prima da Matteo Renzi e sfiduciato poi da gran parte del suo partito ha fatto un passo indietro, accogliendo di fatto e per intero le istanze renziane. La sensazione che traspare è che sia prevalsa la volontà di rimandare lo scontro all’interno del partito, se non altro per presentarsi come partner autorevoli ed affidabili  al prossimo giro di consultazioni fissato per lunedì.

Martina con la sua linea diplomatica ambigua, a cavallo tra renziani ed antirenziani, ha incassato quindi il sostegno generale fino all’assemblea, e deluso contemporaneamente tutti coloro che si aspettavano dal reggente un atteggiamento più imperioso e battagliero. Nel suo intervento sulla politica nazionale ha confermato la linea dettata da Matteo Renzi: il rifiuto ad un accordo col Movimento 5 stelle e con la coalizione di centrodestra, aprendo di conseguenza alla possibilità implicita del voto anticipato. La proroga concessa a Martina ha trovato il benestare dell’attuale Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni,  di Lorenzo Guerini e dell’ex Ministro per i Beni Culturali Dario Franceschini. Insomma il Partito Democratico non è imploso, come molti sospettavano, ma non è riuscito neanche a curare le sue ferite. La sensazione è che la resa dei conti si sia stata semplicemente posticipata a data da destinarsi. Al momento a prevalere dunque è la volontà di far trasparire all’esterno, non tanto una fantasiosa compattezza interna, ma l’impressione che in fondo è ancora Matteo Renzi ad avere il pieno controllo del partito, e che di conseguenza è con lui che bisogna fare ancora i conti.

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