Porteremo gli stessi panni, settimo album dei Guignol da Milano

Dopo due anni da “Abile Labile” è appena uscito per Atelier Sonique “Porteremo gli stessi panni” che diventa il capitolo sette per quanto riguarda i dischi sulla lunga distanza della grande storia di canzoni dei Guignol da Milano.
Un gruppo guidato da Pierfrancesco Adduce che negli anni è diventato sempre più una certezza di qualità per la struttura delle melodie e per i testi ‘raccontanti’. Anche per queste canzoni il cantante scrive i suoi testi e racconta la vita: quello che gli accade, quello che accade a chi gli sta intorno o ancora quello che accade a chi incontra per un attimo, un mese, tempo di avere il sentimento di scrivere una canzone o l’ispirazione da una poesia.
In “Mio padre” – che apre il disco nello stile della ballata – si apre una finestra sul passato, un momento in cui si riconoscono padre e figlio per lo stesso atteggiamento e così ci si sente ancora più uniti e nel presente quel momento diventa un canto malinconico che fa eco nel cuore sofferente. E questa, come anche “Pozzanghera Nera 18 Aprile”, sono poesie di Rocco Scotellaro, l’attivista e poeta lucano. Inoltre anche il titolo del disco è estrapolato da “Pozzanghera Nera 18 Aprile”.
In “Sei fratelli” la madre fa le veci anche del padre, sempre assente, in una situazione difficile con sei figli da accudire da sola. Però i fratelli crescono uniti e diventano una forza che il rock blues di un’armonica suggella.
Poi arriva “L’Orizzonte Stretto” per raccontare la gabbia della provincia con la voglia di fuggire via un giorno e avere davanti a sé questo ‘orizzonte stretto’ che può essere una certezza ma anche portare alla tristezza del solito tran tran che non cambia e fa diventare ottusi.
“1979” racconta della porta della libertà che si apre come niente e si diventa troppo leggeri portati via dal vento apparentemente piacevole dell’eroina. La melodia sembra creare proprio un volo pindarico, con il violino e la voce di Pier che da brioso diventa gravato cantando le brutte decisioni del diciassettenne protagonista della canzone.
Pier Adduce oltre a cantare e scrivere i testi, suona le chitarre, l’armonica e slide. Completano il quartetto Paolo Libutti al basso, Antonio Marinelli alla chitarra elettrica e Michele Canali alla batteria. Con in più vari ospiti per aumentare le preziosità già ben presenti.