Cronaca

Jugoslavia, criminale di guerra suicida in Tribunale

Era quasi da due generazioni che l’Europa non vedeva processi per crimini di guerra. Alcune scene erano ormai da anni fuori dall’immaginario collettivo. Oggi è toccato a Slobodan Praljak, leader croato-bosniaco durante la sanguinosa guerra civile del 1992.

Condannato a venti anni di reclusione (una sorta di ergastolo data la sua età) anche in appello dal Tribunale de L’Aia istituito per i crimini di guerra nell’ex Jugoslavia, Praljak ha deciso di suicidarsi in aula davanti a centinaia di telecamere. Dopo aver ingerito un liquido contenuto in una boccetta ha dichiarato che si trattava di veleno. La seduta è stata sospesa e il reo è morto in ospedale poco dopo.

“Non sono un criminale di guerra”, ultime disperate parole di chi non ha riconosciuto la sentenza che doveva chiudere un pezzo di storia. Dolorosa, forse conclusa in parte con l’ingresso della Croazia nell’Unione Europea nel 2013.

Sentenza de L’Aia, la stessa sorte di Mladic

Dall’altra parte dello schieramento, invece, c’è il comandante serbo-bosniaco Mladic. Anche lui condannato all’ergastolo per aver perseguitato i musulmani. Ad essere incastrato dai suoi stessi quaderni, il generale ha avuto la pena più severa.

Stessi momenti concitati anche per il generale (assolto solo dall’accusa di genocidio) in aula: “Stanno mentendo, stanno mentendo, non mi sento bene”, poi allontanato durante la lettura del verdetto. Per l’ONU rimane “il paradigma del male”

Suicidio Praljak, le reazioni

Non si placano ancora le polemiche per la sentenza di quest’oggi. A parlare, infatti, è il premier croato Plenkovic che ha ribadito l’ingiustizia della sentenza. La pena, secondo il premier conservatore, non è commisurata alle azioni. Praljak non aveva materialmente commesso omicidi, ne li aveva ordinati, ma era a conoscenza del piano di sterminio dei musulmani di Mostar.

Jugoslavia Criminale Guerra Suicidio

Il premier ha detto di voler impugnare legalmente nella sentenza, non si sa dove e come, però. Resta la constatazione che a più di vent’anni da quell’orribile guerra, i leader di entrambi gli schieramenti siano andati incontro allo stesso destino, più o meno cruento. Che dir si voglia.

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Matteo Squillante

Napoletano di nascita, attualmente vivo a Roma. Giornalista pubblicista, mi definisco idealista e sognatore studente di Storia e Culture Globali presso l'Università di Roma Tor Vergata. Osservatore silenzioso e spesso pedante della società attuale. Scrivo di ciò che mi interessa: principalmente politica, cinema e temi sociali.
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