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”Racconti in nuce, storie di risvegli e vite quotidiane”: trama e recensione

Racconti in nuce, Storie di risvegli e vite quotidiane è l’ultimo libro di Leonardo Romanelli, grande critico enogastronomico nonché acuto scrittore. Giovedì 28 settembre scorso ho avuto il piacere di presentare l’autore al numeroso pubblico riunito in Valle d’Aosta nella cornice quattrocentesca del Castello dei Signori di Avise. Il libro, di piacevolissima lettura, come già suggerito dal titolo, è costituito da racconti brevi dei quali la colazione rappresenta il leitmotiv.

Il rito della colazione

La colazione, rito divenuto sempre più rapido e quasi marginale nella tumultuosa società moderna, costituisce l’α di ogni giornata, ovvero di ogni avventura o evento della nostra vita, e l’ω di nottate goliardiche o difficili. I protagonisti di queste storie sono uomini e donne in carriera o reduci da una carriera sfociata nel fallimento o, più semplicemente, sono persone che inseguono un sogno e il benessere personale, e perciò, anche a causa di essi, si adeguano al frenetico ed alienato mondo moderno.

La mentalità e l’organizzazione sociale in cui sono calati questi personaggi è identificabile sotto l’etichetta di homo faber, caratterizzato da una vita alienante e frenetica dedita al lavoro e al progresso, cosa che Pirandello aveva già stigmatizzato nella seconda metà del primo ventennio del ‘900 all’interno dei Quaderni di Serafino Gubbio operatore.

L’homo faber ha reso marginali i sentimenti e la stessa sorte ha subito la colazione, gioia quotidiana piccola, ma fondamentale per il benessere personale di ogni individuo. Infatti i protagonisti riscoprono l’essenza profonda degli affetti o trovano l’anima gemella eliminando per un attimo, giusto il tempo per una fumante tazzina di caffè o magari una deliziosa pralina, ogni problema del mondo esterno. Il calore della bevanda e la dolcezza del pasticcino fungono d’antidoto contro la fredda ed aspra società tecnologica.

Racconti in nuce in questo può ricordare l’esortazione di David Herbert Lawrence, lo scrittore dell’Amante di Lady Chatterley, in cui sprona il popolo alienato dal lavoro a riscoprire le piccole gioie della vita quotidiana. L’autore, infatti, attraverso i piccoli gesti ordinari, come preparare le praline preferite per il compagno prima di affrontare una giornata di lavoro frustrante, ci fornisce una chiave per riscoprire noi stessi e per esortarci a cogliere le grandi opportunità riservate da eventi piccoli o addirittura fastidiosi, come la caduta accidentale di una tazza di caffè sull’abito durante il tragitto verso l’ufficio.

Se Gregor Samsa, commesso viaggiatore protagonista delle Metamorfosi di Franz Kafka, svegliatosi al mattino tramutato in un enorme insetto immondo si preoccupa non tanto della sua metamorfosi ma di cosa penserà della sua assenza il datore di lavoro o del perché non ha sentito la sveglia, molti racconti di Romanelli, al contrario, presentano come lieto fine un salutare distacco dal lavoro: il lavoro poteva attendere. La nostra umanità, l’amore, la mente libera di ragionare sui più svariati argomenti e non vincolata per l’intero arco della giornata ad organizzare il lavoro per ottimizzare al massimo le proprie mansioni vengono riportati in primo piano: l’uomo torna a godere della necessità di esistere in relazione con gli altri.  La prima poppata al seno materno è un evento fondamentale per la formazione di ogni individuo: l’infante prende consapevolezza del fatto che per vivere dipende dagli altri a partire dal bisogno primario di nutrirsi. In Racconti in nuce la riscoperta o la riconquista da parte dei personaggi del benessere e del calore degli affetti, non casualmente durante il primo soddisfacimento della nostra necessità di sfamarci nella giornata, ritinge di colori vividi e vivaci una malinconica vita in scala di grigi. In questo libro emergono anche le intermittenze del cuore di proustiana memoria come nel racconto Tè e Curry in cui il protagonista, in viaggio nell’India meridionale, avvicinando alle labbra un tè, quasi fosse stato colpito da un fulmine, si ricordò di lei e di quando lo avevano gustato la prima volta.

 I racconti si snodano per una o al massimo due pagine. Molto interessante la scelta del grafico di tagliare il libro a forma di guscio di noce, così essi risultano come racchiusi in uno o due gusci di questo prelibato frutto che li contiene come uno scrigno naturale che protegge i sentimenti e le gioie quotidiane dalle gelide intemperie dello schizofrenico mondo circostante. Questo accorgimento ricorda i calligrammes di Apollinaire, ripresi anche dal poeta italiano Ungaretti, o le tavole parolibere futuriste dove il linguaggio letterario e quello iconico si sommano fornendo un piano espressivo articolato ed incisivo.

Al termine della presentazione Leonardo Romanelli ha annunciato il possibile sviluppo di questo tema in altri scritti, notizia che il pubblico valdostano ha accolto con gioia dopo l’interesse suscitato dalla capacità espressiva e dai temi trattati dallo scrittore. Nella letteratura l’espressione in nuce designa opere ancora al primo abbozzo e quindi aperte ad evoluzioni ed estensioni. Tutti i lettori di Romanelli sperano che sia fedele al work in progress preannunciato dal titolo per gustarsi ancora qualche sua novella.

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