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Strage di Bologna: il ricordo di una città ferita, fra memorie divise

Strage di Bologna. Dietro l’attentato, il volto di una città che vive la quotidianità come sempre. E’ il 2 agosto del 1980; ultimo mese estivo, ultime vacanze. C’è chi viene, c’è chi va… Turisti e cittadini affollano la stazione di Bologna in quella che può ben dirsi, in questa stagione l’ora di punta. Le 10:25 segneranno per sempre l’ora dell’efferatezza. In una sala d’aspetto della seconda classe viene fatto esplodere un ordigno a tempo; contenuto in una valigia abbandonata, la deflagrazione causa il crollo dell’Ala Ovest dell’edificio. Perderanno la vita 85 persone, oltre ad un numero impressionante di feriti, ben 200.

La strage di Bologna: Un boato, poi… silenzio

Senza dubbio la strage di Bologna può annoverarsi fra gli attentati terroristici italiani più efferati del secondo dopoguerra, l’ultimo degli “strali assassini” della strategia della tensione. La vicenda, dai tratti ancor foschi non ha trovato piena trasparenza e completezza d’indagini nonostante il tempo trascorso ma i punti salienti furono fissati, tristemente ben presto. Carlo Lucarelli nel suo Nuovi misteri d’Italia del 2004, edito da Einaudi ci descrive i dettagli più importanti. La bomba era composta da 23 kg di esplosivo: una miscela di 5 kg di tritolo e T4 , nota anche come “Compound B”. Il tutto, potenziato con ben 18 kg di gelatinato (la comune nitroglicerina a uso civile).

L’orologio in Piazza, ieri e oggi, fermo all’ora della strage

L’esplosivo, fabbricato con dovizia militare e non da improvvisati autodidatti, fu posto nella valigia; “piazzata” a circa 50 centimetri d’altezza su di un ripiano portabagagli, proprio sotto il muro portante dell’ala Ovest. Questo, allo scopo di aumentarne l’effetto. La devastante onda d’urto, frammista ai detriti della deflagrazione, ebbe il potere d’investire anche il treno Ancona-Chiasso; in quel momento infatti si trovava in sosta sul primo binario. L’esplosione distrusse circa 30 metri di pensilina, oltre al posteggio taxi antistante la stazione. Inutile aggiungere, al bilancio dei feriti e morti l’orrore delle mutilazioni occorse dopo l’incidente.

Il senso civico e l’umanità di quel giorno

Bologna, splendida, depauperata città reagì con orgoglio e tenacia, fin da subito. Molti furono i cittadini che, insieme ai viaggiatori presenti in zona si affrettarono a prestare i primi soccorsi alle vittime. Tutti si adoperarono per aiutare ad estrarre le persone sepolte sotto le macerie; la corsia di destra dei viali di circonvallazione del centro storico di Bologna, su cui si trova la stazione, fu destinata ad ambulanze e a mezzi di soccorso.

Una foto di repertorio della linea 37, utilizzata per ovviare alla naturale insufficienza di ambulanze rispetto al numero di vittime e feriti.

Visto il grande numero di feriti e non essendo sufficienti i mezzi ospedalieri per trasportare i feriti presso le strutture preposte ai soccorsi, i vigili impiegarono anche taxi, auto private e autobus. Emblematico quello della linea 37, matricola 4030, che divenne simbolo della tragica giornata e che tornerà per la prima volta, oggi in piazza Medaglie d’oro. Gli autisti, allora tolsero i montanti e i corrimano per permettere di accedere con le barelle; in molti ricordano le lenzuola ai finestrini, per impedire di curiosare all’interno e per preservare a grandi e piccini la vista dei corpi martoriati.

Non è mai più rientrato in servizio, per onorare le vittime, così come non è mai stato ufficialmente dismesso, per non dimenticare. In questa giornata, 37 anni dopo (un numero che è esso stesso un Emblema, ricorrendo più volte) rivedrà nuovamente la luce, uscendo dal capannone di Via Bigari per raggiungere la stazione.

Le indagini e la verità giudiziaria: un caso ancora “aperto” 

Per la strage di Bologna furono individuati dalla magistratura, come esecutori materiali alcuni militanti di estrema destra, appartenenti ai Nuclei Armati Rivoluzionari; si tratta di Luigi Ciavardini, Valerio Fioravanti e Francesca Mambro. Altre correlazioni con la vicenda riguardarono la criminalità organizzata e i servizi segreti corrotti.

La devastazione della deflagrazione vista dall’alto.

Il movente è fosco quasi quanto l’intera vicenda e si presta a molteplici scenari; indubbia la matrice terroristica, c’è chi ha parlato di strategia della tensione, di ritorsione neofascista; chi ancora si rifà alla pista della “resistenza palestinese”, già indicata da Francesco Cossiga ma mai accertata in via giudiziaria. Nel 2015 un accordo col Governo aveva aperto una breccia nel muro irto intorno alla strage. Si trattava della possibilità di digitalizzare gli archivi con il Ministero della Giustizia e quello dei Beni Culturali.

Una metodologia di indagine e di analisi d’avanguardia, che avrebbe potuto dissipare i dubbi irrisolti sui mandanti della strage. Ma, come affermato da Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione delle vittime della strage di Bologna e deputato Pd, “la digitalizzazione viene però osteggiata, boicottata, con tutte le motivazioni più incredibili. Nei tre anni successivi all’accordo non è stata digitalizzata una pagina. Dopo i miei reclami è stato fatto un comunicato congiunto in cui si diceva che gli archivi non possono essere divulgati per ricerche di natura giudiziaria, una cosa totalmente assurda.

S’infittisce dunque il caso della strage di Bologna, che si auspica possa trovare risoluzione e Verità accertate, nel pieno rispetto delle vittime e dei familiari che ancora attendono che Giustizia sia fatta.

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