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Non è mai troppo tardi: storia delle trasmissione del maestro Alberto Manzi

Dal 1960 al 1968 la Rai mandò in onda un programma televisivo per combattere l’analfabetismo tra gli adulti. La figura di Alberto Manzi rimarrà un pilastro dell’identità culturale di un paese in ricostruzione

Nel 1960 andava in onda la prima puntata del celebre programma Non è troppo tardi. La trasmissione pubblica e gratuita che rese possibile ridurre l’analfabetismo nell’Italia repubblicana. A condurla non un “qualunque” maestro di scuola elementare, ma Alberto Manzi: scrittore, insegnante e pedagogista romano.

Cosa fu veramente “Non è mai troppo tardi”?

Manzi aveva una lunga esperienza nell’insegnamento, ed i suoi metodi di studio poco ortodossi si rivelarono più che adatti all’insegnamento a distanza rivolto ad un pubblico adulto. Con il senno di poi, si potrebbe definire l’esperimento andato in onda sulla RAI per ben otto anni come un ciclo di lezioni a distanza, proprio come si sta sperimentando in epoca di Coronavirus. Tuttavia la situazione era molto diversa.

Bisogna considerare che negli anni ’60 non tutte le famiglie possedevano un televisore in casa, e frequente era il fenomeno dell’ascolto condiviso. L’abilità di Manzi, quindi, è stata quella di catalizzare l’attenzione di milioni di adulti volenterosi di uscire da una condizione di analfabetismo. Si calcolò, infatti, che il programma aiutò un milione e mezzo di studenti a conseguire la licenza elementare.

Non mancavano neanche le dispense. In concomitanza con le lezioni era possibile trovare in edicola materiali didattici per consolidare quello che era stato imparato. D’altronde Manzi non utilizzava strumenti sofisticati: per spiegare gli bastava una lavagna ed un gessetto, poi diventati iconici per una generazione.

Il programma attrasse l’attenzione di molte reti televisive nel mondo, pubbliche e non, e diverse richieste d’acquisto furono fatte alla Rai. In un certo senso, fu proprio la questione economica che mise la parola fine alla trasmissione.

Non è mai troppo tardi: i lunghi dissidi con la RAI

Alberto Manzi non fu mai pagato per svolgere le sue lezioni da 30 minuti in televisione. Il maestro riceveva semplicemente il suo stipendio base per l’attività fatta in classe ed un piccolo rimborso spese per gli acquisti accessori. Tuttavia i guadagni di casa Rai furono notevoli. La trasmissione cessò proprio per incomprensioni economiche tra la Rai ed il Ministero dell’Istruzione, che era coinvolto nella produzione del programma.

Inoltre i produttori Rai non avevano esattamente un rapporto idilliaco con il maestro. Come poi racconteremo, l’indipendenza era parte fondante del suo carattere. Manzi quindi non accettava scritture e riscritture delle sue lezioni e non gradiva essere controllato mentre insegnava. Tali dissidi si manifestarono nelle dirette, con la lettura di un copione differente da quello approvato dalla rete. I produttori, quindi, provarono a cambiare il format del programma rendendolo registrato, ma Manzi rifiutò l’offerta.

Alberto Manzi come maestro di scuola elementare

Il metodo di Manzi, contestualizzato alla sua epoca, era a dir poco rivoluzionario. L’elemento ludico e continua attenzione al processo di apprendimento lo rendevano uno degli insegnanti più sui generis della scuola italiana. Non deve essere stato semplice, quindi, confrontarsi con un corpo docenti ancorato a vecchi metodi educativi.

Il conflitto più duro tra Manzi e il ministero avvenne in occasione dell’introduzione della votazione per la scuola elementare. Dal 1981 infatti si rifiutò di compilare le schede di valutazione, perchè:

Non posso bollare un ragazzo con un giudizio, perché il ragazzo cambia, è in movimento; se il prossimo anno uno legge il giudizio che ho dato quest’anno, l’abbiamo bollato per i prossimi anni.

Manzi cercò di valorizzare la crescita di uno studente, più che la fotografia di un singolo anno scolastico. Ecco perchè su dette schede il maestro impresse il celebre timbro “Fa quel che può. Quel che non può, non fa”. Una formula lapidaria applicata a tutti i suoi studenti. Il Ministero decise quindi di sospenderlo sia dall’insegnamento che dallo stipendio.

Nel 1992 condusse un altro programma televisivo su Rai 3, questa volta dedicato a migranti e stranieri: il suo scopo era insegnargli l’italiano, riuscendo ad essere rivoluzionario anche in tal proposito. Manzi morì pochi anni dopo, nel 1997. Nel 2014 la storia fu riproposta al pubblico, specialmente quello più giovane, grazie alla fiction Non è mai troppo tardi, il cui protagonista era Claudio Santamaria. Tra le frasi che più rendono onore alla memoria del maestro Manzi c’è indubbiamente questa:

Non rinunciate mai, per nessun motivo, sotto qualsiasi pressione, ad essere voi stessi. Siate sempre padroni del vostro senso critico, e niente potrà mai sottomettervi

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Matteo Squillante

Napoletano di nascita, attualmente vivo a Roma. Giornalista pubblicista, mi definisco idealista e sognatore studente di Storia e Culture Globali presso l'Università di Roma Tor Vergata. Osservatore silenzioso e spesso pedante della società attuale. Scrivo di ciò che mi interessa: principalmente politica, cinema e temi sociali.
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