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Hannibal Lecter, la vera storia dello psichiatra cannibale

“Uno che faceva un censimento una volta tentò di interrogarmi. Mi mangiai il suo fegato con un bel piatto di fave e un buon Chianti” soleva affermare lo psichiatra cannibale Hannibal Lecter nel primo incontro con la detective Clarice Starling nel film Il silenzio degli innocenti (The Silence of the Lambs), pietra miliare dell’universo cinematografico.

Hannibal Lecter è infatti il serial killer frutto della magistrale penna del giornalista statunitense Thomas Harris a cui ha dedicato ben quattro libri, di cui Il silenzio degli innocenti è stato l’input per la trasposizione cinematografica.

Dal vissuto drammatico tra i boschi sperduti della Lituania che ha segnato per sempre la sua vita e in un certo senso ne ha predestinato la “carriera” da serial killer, Hannibal Lecter è senza dubbio uno dei profili più enigmatici, incompresi ma quanto mai amati della storia della letteratura e del cinema.

Dietro questo oscuro personaggio si nasconde tuttavia una persona reale, quel quid, quella fonte d’ispirazione, che ha permesso ad Harris di dar voce a una delle figure più cattive del mondo letterario e, perché no, cinematografico.

L’arcano interrogativo sorge spontaneo: chi si nasconde dietro la maschera da hockey di Hannibal Lecter? Ce lo svela ancora una volta lo scrittore, ma prima di procedere è bene fare un piccolo ripasso della pellicola di Demme, che racchiude brillantemente l’essenza malvagia dello spietato dottore.

Il silenzio degli innocenti

Il silenzio degli innocenti, diretto da Jonathan Demme nel 1991 e interpretato magistralmente da sir Anthony Hopkins (Hannibal Lecter) e Jodie Foster (Clarice Starling) è il terzo film in assoluto, dopo Accadde una notte Qualcuno volò sul nido del cuculo, ad essersi aggiudicato cinque Premi Oscar più importanti: miglior film, miglior regia (Jonathan Demme), miglior attore (Anthony Hopkis), miglior attrice (Jodie Foster) e miglior sceneggiatura (Ted Tally). Tratt

Nel 1998 l’American Film Institute l’ha inserito al 65esimo posto della classifica dei migliori cento film statunitensi di tutti i tempi, mentre dieci anni dopo, nella lista aggiornata, è sceso al settantaquattresimo posto.

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La vera storia di Hannibal Lecter

A distanza di tantissimi anni, Thomas Harris ha svelato i retroscena che si nascondono dietro la figura del diabolico dottore. Harris ha raccontato infatti di aver incontrato lo psichiatra negli anni ’60 nel carcere di Nuevo León a Monterrey, in Messico.

Harris era all’epoca un reporter di 23 anni chiamato ad intervistare Dykes Askew Simmons, un americano condannato a morte per aver ucciso tre persone. Parlando con il prigioniero, lo scrittore viene a conoscenza del dottor Salazar, che un anno prima gli aveva salvato la vita, curandogli le ferite riportate in una sparatoria al termine di una tentata fuga dal carcere.

In Harris è stato immediato l’impulso di conoscere questo medico. L’incontro avviene poco dopo, ma la guardia gli omette un piccolo particolare: Salazar celava un violento passato. Un colloquio sui generiis è avvenuto tra il giornalista e Salazar, iniziato cordialmente ma nel giro di pochi attimi divenuto un serrato quanto mai incalzante face to face. Escamotage adoperato alla perfezione da Anthony Hopkins nei panni di Hannibal, che gli è valso l’Oscar.

La conversazione, confessa lo scrittore, stava prendendo una brutta piega quando il dottore ha cominciato ad enucleare dettagli impressionanti come l’aspetto sfigurato di Simmons, le ferite, la natura del suo tormento, arrivando anche a descrivergli le sue vittime. Inevitabile il parallelo con Francis Dolarhyde, killer protagonista del romanzo di Harris Red Dragon (o Il delitto della terza luna).

Particolari macabri, ricorda ancora una volta lo scrittore, raccontati con un’agghiacciante semplicità, intrisa di soddisfazione e di mancata emozione, una curiosità insana verso il macabro; altro marchio di fabbrica del personaggio Hannibal.

Solo dopo aver lasciato l’ufficio di Salazar che Harris scopre il suo oscuro passato: il dottore era un assassino. Proprio la guardia, la stessa che gli aveva omesso la verità, gli sussurra: “Non lascerà mai questo posto” perché “è uno squilibrato“.

Pazzo, psicotico ma, a modo suo, geniale. “Mi sono ispirato a lui” ha affermato Harris, “mi ha affascinato quella sua capacità di capire le menti criminali”. Nasceva così il mito di Hannibal Lecter.

Inevitabile il ringraziamento al dottor Salazar:

Parecchi anni dopo, stavo cercando di scrivere un romanzo. Il detective a cui mi affiancavo doveva avvalersi della collaborazione di qualcuno che conoscesse alla perfezione la mentalità criminale. Perso nei meandri del lavoro, lo seguii passivamente al Manicomio criminale statale di Baltimora per avere una consulenza da uno degli internati. E chi pensate che ci fosse ad aspettarlo, dentro la sua cella? No, non il dottor Salazar, ma quello che, grazie al dottor Salazar, fui in grado di riconoscere come un suo collega: il dottor Hannibal Lecter.

Harris ricorda infine come nacque il titolo Il silenzio degli innocenti:

Anni fa, in una vecchia casa di Sag Harbor con il pavimento sbilenco, scrissi queste parole: «il silenzio degli innocenti». In quel momento mi resi conto di aver finito il romanzo, ma non solo: avevo trovato il titolo. Sopraffatto dalla felicità, mi staccai dalla scrivania, andando a sbattere contro la parete con lo schienale della sedia”.

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Veronica Mandalà

Palermitana di nascita, sono laureata in Media, Comunicazione Digitale e Giornalismo all'Università "La Sapienza" di Roma. Appassionata scrutatrice della realtà in tutte le sue sfumature, mi occupo di attualità, politica, sport e altro.
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