Cinema

Dunkirk, «una storia universale» di sopravvivenza ed eroico altruismo

27 maggio – 4 giugno 1940, seconda guerra mondiale. Il Belgio si è appena arreso e centinaia di migliaia di truppe Alleate sono bloccate sulle spiagge di Dunkirk. Da un lato le fredde acque della Manica dall’altro i tedeschi. Parte così l’operazione Dynamo, conosciuta anche come il miracolo di Dunkirk: una flotta di 700 piccole barche capitanate da privati cittadini inglesi affianca le navi della marina militare, traendo in salvo 338.000 soldati.

L’episodio viene raccontato con incredibile maestria dall’ultimo film di Christopher Nolan, che ha ottenuto 3 Oscar nel 2018. Come afferma Stephanie Zacharek sul Time, il regista della trilogia di Batman «sapeva che non si può raccontare una storia di guerra senza i volti. Sono i volti infatti a portare con sé la storia». Gli sguardi e le espressioni dei personaggi acquisiscono perciò una primaria importanza narrativa, a scapito dei dialoghi. Le riprese da diverse angolature, accompagnate dalla musica di Hans Zimmer, movimentano gli avvenimenti e trasmettono una forte intensità durante tutto il racconto. In un’intervista al Time del luglio 2017 Nolan dichiara di aver utilizzato il linguaggio del thriller per descrivere la drammatica ritirata dei militari inglesi e francesi. L’angoscia trasmessa al pubblico è dovuta soprattutto al fatto di non sapere ciò che sta succedendo: le lunghe file di soldati aspettano una via di salvezza dal mare, minacciati costantemente da un nemico invisibile. I tedeschi infatti non vengono mai inquadrati né umanizzati, configurandosi piuttosto come un’entità nascosta che colpisce lo spettatore stesso con raffiche di mitragliatrice e bombe. Tre sono le storie principali, ciascuna associata ad un elemento naturale. C’è il giovane soldato inglese Tommy (Fionn Whitehead) bloccato sulla terra francese, Mr. Dawson (Mark Rylance) che sfida il mare alla volta di Dunkirk e l’eroico pilota Farrier (Tom Hardy) in cielo. 106 minuti che fanno vivere al pubblico una vera e propria esperienza, celebrando «qualcosa che forse oggi si è perso: […] l’idea di una responsabilità comune, […] di un sacrificio per un bene più grande».

 

Back to top button
Close
Close