Attualità

Pachino protesta contro la Mafia e a favore di Paolo Borrometi

I cittadini di Pachino si sono riversati sulle strade del paese per protestare contro le minacce e le intimidazioni perpetrate dalla Mafia. La manifestazione è stata organizzata dall’Amministrazione Comunale e dal Consorzio di Tutela “IGP pomodoro di Pachino” dopo l’incendio al magazzino dei fratelli Fortunato, avvenuto nella notte tra il 20 e il 21 Marzo scorso.

I cittadini si sono radunati davanti alla sede ancora danneggiata dell’azienda per poi spostarsi in Piazza Vittorio Emanuele, dove si è tenuto un consiglio comunale. Hanno partecipato parrocchiani, studenti, braccianti e datori, ma anche associazioni come Libera, tutti uniti per dire No alle estorsioni e al controllo sul territorio esercitato dal clan mafioso, sotto la guida del boss Salvatore Giuliano.

A dare nuova forza alla protesta dei cittadini è stato l’evento più recente che riguarda il giornalista Paolo Borrometi. La magistratura di Catania ha intercettato delle telefonate in cui il clan progettava l’omicidio del giornalista: “Dobbiamo colpire a quello. Boom! A terra”. Paolo Borrometi su Facebook ringrazia tutti per la solidarietà dimostrata e in particolare il magistrato Nino Di Matteo che in un’intervista sul TG1 difende il giornalismo d’inchiesta e si rivolge a tutti i giornalisti: “Fare bene il vostro lavoro in terra di mafia significa aiutare il paese a combattere la questione mafiosa”.
Borrometi, collaboratore dell’Agi e direttore del giornale online “La Spia”, era finito nel mirino della mafia già altre volte a causa delle sue inchieste sulle implicazioni mafiose sia nel settore agricolo che in quello turistico. Tra le sue denunce più importanti ricordiamo per esempio quella relativa alle estorsioni di territori nella frazione Marzamemi al fine di realizzare parcheggi estivi o quella che riguarda i vari incendi dolosi appiccati nelle sedi delle aziende di smaltimento dei rifiuti.
Pachino per la prima volta esce dal silenzio e supera con coesione la paura della Mafia, ma purtroppo spesso la gente preferisce pagare e subire piuttosto che denunciare.
Mi ricordo di aver letto che ci fu un tempo in cui Pachino era chiamato “u paisi re babbi” (degli stupidi), proprio perché non aveva un clan mafioso. Poi arrivarono gli anni ottanta e novanta e i pachinesi smisero di essere “babbi” per diventare semplicemente omertosi. Sarà veramente arrivata la fine di questo lungo torpore?

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