Cronaca

Infiltrazione camorra in Veneto: 50 arresti

Colpo alla camorra infiltrata in Veneto. La Guardia di Finanza e la Polizia,
coordinate dalla Dda di Venezia, hanno eseguito 50 misure cautelari e 11 provvedimenti di obbligo di dimora e di altro tipo. Sequestrati anche beni per 10 milioni. Gli arresti sono scattati a Venezia, Casal di Principe, in provincia di Caserta, e in altre località. I destinatari del provvedimento sono accusati, a vario titolo, di associazione a delinquere di stampo mafioso e altri gravi reati.

Infiltrazione camorra in Veneto: clan Bianco e Bidognetti

Il gruppo camorrista disarticolato in Veneto dall’operazione diretta dalla Dda di Venezia aveva come riferimento i casalesi legati ai clan Bianco e Bidognetti, il cui boss Francesco è conosciuto come ‘Cicciotto ‘e mezzanotte’. Capi indiscussi nel veneziano erano Luciano Donadio e Raffaele Buonanno,
nato in Campania ma già nel veneziano negli anni ’90. Con loro un gruppo proveniente da Casal di Principe (Caserta) come Antonio Puoti, Antonio Pacifico, Antonio Basile, Giuseppe Puoti e Nunzio Confuorto che hanno, nel tempo, assoldato persone campane e veneziane come Girolamo Arena, Raffaele Celardo e Christian Sgnaolin. Tra gli arrestati dal blitz dell’operazione, battezzata ‘At Last’, il sindaco di Eraclea Mirco Mestre, per
voto di scambio, Denis Polese, direttore di banca a Jesolo (Venezia) e il suo predecessore – indagato in stato di libertà – che garantivano conti societari, e infine Moreno Pasqual, poliziotto accusato di passare informazioni ai
malavitosi.

“Il clan dei casalesi in Veneto agiva in tutti i settori: usura, riciclaggio, estorsione, rapina, prostituzione, lavoro in nero e caporalato”. Lo ha detto il Procuratore di Venezia Bruno Cherchi, illustrando l’operazione contro il clan dei Casalesi avvenuta questa notte dopo anni di indagini.

In pratica uomini della camorra riciclavano denaro finanziando imprese locali di varia natura, specie nell’edilizia, quindi applicavano tassi usurai e passavano all’estorsione sia a favore degli ‘assistiti’, se indebitati, che
direttamente sugli stessi imprenditori. Il denaro accumulato, anche con rapine, veniva poi convogliato nella gestione della droga e della prostituzione con l’aiuto di commercialisti per assumere persone sfuggendo alla fiscalità, se non addirittura in nero o attraverso il caporalato.

“Il fatto gravissimo – ha detto Cherchi – è che le vittime, specie dell’usura, venivano costrette a partecipare all’attività camorristica arricchendo sempre di più il tessuto malavitoso di fatto conquistando il territorio lungo la costa da San Donà di Piave a Eraclea, Caorle e Jesolo”.

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