Cinema

Run with the Hunted: Recensione del film con Ron Perlman e Micheal Pitt

Sul finire della Festa del Cinema di Roma è stato presentato Run with the Hunted, film diretto da John Swab e che vede nel cast, tra gli altri, Ron Perlman e Micheal Pitt. Non è ancora chiaro se e quando verrà organizzata una distribuzione italiana, ma possiamo proporvi comunque la recensione in anteprima

Run With The Hunted è principalmente una crime story. Un ragazzo dodicenne è costretto ad un omicidio per salvare due coetanei dalle angherie del padre-orco. Decide, nonostante la giovane età, di abbandonare una buona famiglia e vagare per le strade della città. Oscar viene quindi avvicinato da una gang locale durante il suo vagabondaggio: gli viene offerto un posto letto in cambio della partecipazione alle attività della gang, principalmente rapine.

Run with the Hunted: Trama

Il boss di questo sistema criminale è Bird (Ron Perlman) che gestisce un vero e proprio traffico di bambini da inserire in un giro di microcriminalità. Dopo questa spropositata introduzione, la narrazione vola avanti di 15 anni. Oscar da grande è interpretato da Micheal Pitt.

Uomo con dei valori, nonostante tutto, ma anche sensibile (sarebbe difficile affermarlo con certezza vista la pessima caratterizzazione dei personaggi). Oscar è legato sentimentalmente a Peaches, ragazza con cui è cresciuto insieme nell’ambito della gang. Quando rispunta una conoscenza della vecchia vita di Oscar, dovrà decidere a quale mondo appartenere.

La trama, com’è evidente, è abbastanza lineare: c’è una generale progressione e la tensione narrativa è pari allo zero. Il forward iniziale rimane senza spiegazione fino al finale e il salto narrativo di quindici anni è quanto mai azzardato ed inconcludente. Gli sviluppi della vita di Oscar sono nel complesso poco interessanti: un’ordinaria storia di microcriminalità dai contorni decisamente poco verosimili.

Tanti stereotipi e poca caratterizzazione

In Run with the Hunted non manca nessuno: il ragazzo sensibile passato al crimine, la ragazza buona ritrovata dopo anni, il boss comprensivo ma spietato, il poliziotto corrotto. Una vera e propria sagra della banalità che affossa decisamente il racconto. In 93 minuti di film non accade mai nulla di interessante e, nonostante l’ottimo cast, i dialoghi sono piatti e poco caratterizzanti.

In particolare, Ron Perlman interpreta lo stesso ruolo di Drive, film preso evidentemente ad esempio da John Swab, ma con meno efficacia e meno potenza. Stessa cosa per Oscar: Micheal Pitt è quanto mai debole nel ruolo assegnatogli visto che poco viene caratterizzato durante il film.

La regia è decisamente negli standard, poco o nulla emerge, se non alcune velleità senza particolare valore artistico (ad esempio la fotografia al neon totalmente irrealistica e decontestualizzata). Ovviamente il senso di angoscia e di oppressione che i vuoti sobborghi americani sanno dare è amplificata e giunge allo spettatore, proprio insieme alla noia che gli avvenimenti piatti trasmettono.

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Matteo Squillante

Napoletano di nascita, attualmente vivo a Roma. Giornalista pubblicista, mi definisco idealista e sognatore studente di Storia e Culture Globali presso l'Università di Roma Tor Vergata. Osservatore silenzioso e spesso pedante della società attuale. Scrivo di ciò che mi interessa: principalmente politica, cinema e temi sociali.
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