Cinema

Smetto quando voglio-Masterclass: recensione del film

Li avevamo lasciati soltanto tre anni fa, i laureati narcotrafficanti del primo Smetto quando voglio, film di successo di Sydney Sibilia, e ora eccola tornare la “banda degli onesti” capitanata dal neurobiologo Pietro Zinni (interpretato da Edoardo Leo), ormai in carcere e con l’intenzione di restarci mentre la sua compagna Giulia (Valeria Solarino) lo aspetta fuori incinta.

In Smetto quando voglio-Masterclass la banda di Zinni si troverà a collaborare con l’ambiziosa e carrierista ispettrice Paola Coletti (Greta Scarano), intenzionata a bloccare il traffico delle smart drugs, divenuto ormai un nervo scoperto al di là della responsabilità della banda di Pietro. Con il secondo capitolo della trilogia (a questo film seguirà infatti un terzo film intitolato Smetto quando voglio: ad honorem), Sibilia pur mettendo lo spettatore di fronte a personaggi che conosce già, ad un clima quasi familiare e accogliente, realizza un film completamente diverso rispetto al primo, a partire dalla scelta del genere. Se il primo era una commedia, il nuovo film è piuttosto un poliziesco/action movie. Non c’è lo spasso che caratterizzava il primo film, che cede qui il posto ad una comicità più caricaturale e fumettosa, forse diversa da quella a cui ci aveva abituato il primo film ma comunque interessante, ma rappresenta un prodotto registicamente più maturo.

C’è un po’ di Melville, un po’ di Monicelli, di Zemeckis e di Linklater in questo nuovo film, in cui il regista gioca apertamente con i suoi maestri, creando piuttosto un pastiche funzionante, gestito con una mise en scène degna di un immaginario quasi hollywoodiano, a cominciare dalla caratterizzazione dei personaggi attraverso costumi selezionati con cura. Questo nuovo approccio, peraltro alquanto delicato, fa sì che lo spettatore non si trovi troppo di fronte ad un materiale già visto. E c’è da aspettarsi che anche il terzo film della trilogia si spingerà oltre.

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