Cronaca

Rom picchiata in metro: insultata la giornalista che l’ha difesa

“Questo è successo a me e non a qualcun altro. E’ successo su un treno della metro di Roma. Fermi a una fermata urla, trambusto, il pianto disperato di una bambina”. Inizia così il racconto della giornalista di rainews 24, Giorgia Rombolà. La donna avrebbe tentato di difendere una ragazza di etnia rom che aveva tentato di rubare il portafogli di un passeggero della metro.

“Una giovane, credo rom – continua il racconto della giornalista – tenta di rubare un portafogli. La acciuffano ne nasce un parapiglia, la bambina cade a terra, sbatte sul vagone. Ci sono già i vigilantes a immobilizzare la giovane (e non in modo tenero), ma a quest’uomo alto mezzo metro più di lei, robusto (la vittima del tentato furto?) non basta. Vuole punirla. La picchia violentemente, anche in testa”.

Rom picchiata in metro: “Questa ferocia l’avevo solo raccontata”

“Un tizio che mi insulta – racconta la giornalista – dice che l’uomo ha fatto bene, che così quella stronza impara. Due donne (tra cui una straniera) dicono che così bisogna fare, che evidentemente a me non hanno mai rubato nulla. Argomento che c’erano già i vigilantes, che non sono per l’impunità, ma per il rispetto, soprattutto davanti a una bambina. Dicono che chissenefrega della bambina, tanto rubano anche loro, anzi ai piccoli menargli e ai grandi bruciarli. Un ragazzetto dice se c’ero io quante mazzate. Dicono così. Io litigo, ma sono circondata. Mi urlano anche dai vagoni vicini. E mi chiamano comunista di merda, radical chic, perché non vai a guadagnarti i soldi, buonista del cazzo. Intorno a me, nessuno che difenda non dico me, ma i miei argomenti. Mi guardo intorno, alla ricerca di uno sguardo che seppur in silenzio mi mostri vicinanza. Niente. Chi non mi insulta, appare divertito dal fuori programma o ha lo sguardo a terra. Mi hanno lasciato il posto, mi siedo impietrita. C’è un tizio che continua a insultarmi. Dice che è fiero di essere volgare. E dice che forse ci rivedremo, chissà, magari scendiamo alla stessa fermata. Cammino verso casa, mi accorgo di avere paura, mi guardo le spalle. E scoppio a piangere. Perché finora questa ferocia l’avevo letta, questa Italia l’avevo raccontata. E questo, invece, è successo a me“.

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