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USA, studente morto dopo 15 mesi di prigionia in Corea del Nord

La lunga agonia di quindici mesi è finita: Otto Warmbier, studente americano detenuto a Pyongyang e da poco rimpatriato, è morto. La sua storia non può che ricordarci le pratiche più assurde dei regimi totalitari europei. Il ragazzo, infatti, era stato condannato a quindici anni di lavori forzati per aver rubato un poster raffigurante Kim Jong-Un affisso nella sua camera d’albergo.

Se condannare persone senza processo è una prassi, la nazionalità statunitense di Warmbier non ha deposto a suo favore. Il 29 febbraio 2016 Otto è stato costretto a rilasciare una dichiarazione davanti ad una platea di giornalisti in cui ha affermato di esser stato istigato dal governo statunitense al vilipendio dell’immagine del leader. L’intervista al limite del grottesco non poteva che essere forzata. O almeno recitata nella speranza di essere liberato.

Il rimpatrio della scorsa settimana

Le immagini fecero il giro del mondo e da allora di Otto non si seppe più nulla fino a pochi giorni fa. Circolavano voci che il ragazzo avesse seri problemi di salute e che fosse in coma. Dopo giorni di trattative, il governo nordcoreano ha acconsentito al rimpatrio negli Stati Uniti. Per Warmbier però era troppo tardi, e i medici non hanno potuto fare nulla per lui.

Si è cercato invano di risalire alle circostanze che gli hanno indotto lo stato comatoso. I medici hanno constatato che nel breve periodo lo studente non ha subito lesioni o maltrattamenti, ma non ci sono certezze su ciò che è successo nei mesi scorsi. Si è escluso anche il coma per avvelenamento da botulino. Le circostanze della sua morte continueranno a rimanere oscure.

Studente USA morto, le reazioni delle autorità statunitensi

Le dichiarazioni di Donald Trump e Rex Tillerson sono state sobrie e moderate. C’è grande dispiacere per l’epilogo di questa complicata vicenda e non è il momento giusto per aizzare gli animi. Tenendo presente che altri quattro cittadini statunitensi sono ancora detenuti nella Corea del Nord. “La morte di Warmbier rafforza la mia determinazione di prevenire queste tragedie” ha affermato il Presidente Trump “e a impedire che gente innocente finisca nelle mani di regimi che non rispettano la legge o i diritti umani fondamentali“.

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Matteo Squillante

Napoletano di nascita, attualmente vivo a Roma. Giornalista pubblicista, mi definisco idealista e sognatore studente di Storia e Culture Globali presso l'Università di Roma Tor Vergata. Osservatore silenzioso e spesso pedante della società attuale. Scrivo di ciò che mi interessa: principalmente politica, cinema e temi sociali.
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