Festa della Liberazione 2018: il ruolo delle donne
È idea diffusa che la Storia, quella con la S maiuscola, abbia sempre come protagonisti gli uomini. Si parla di grandi condottieri, grandi regnanti, grandi pensatori.
Anche nel racconto della Resistenza, della Guerra di Liberazione, per tanto tempo, è stato così.
Ma da qualche anno si è iniziato a parlare di altre storie, forse meno conosciute ma non meno importanti. Le storie di donne che hanno partecipato in tanti modi diversi, con determinazione e coraggio, alla Resistenza. Il loro ruolo è stato fondamentale, anche se ancora pochi riconoscono la loro importanza.
Le donne della Liberazione
Non erano soltanto le combattenti a contribuire attivamente alla lotta, ma partecipavano anche semplici cittadine. Le staffette, che nascondevano armi e messaggi da consegnare ai vari centri di comando militare dei partigiani, rischiavano, non solo la morte, ma anche di essere violentate, nell’eventualità in cui fossero state scoperte. In un’intervista di qualche anno fa Aude Pacchioni, presidente dell’Anpi di Modena, ha sottolineato l’importanza di queste figure, lei che si unì alla Resistenza nemmeno ventenne.
“Era un lavoro molto pericoloso. Le strade che percorrevano, spesso a piedi, centinaia di chilometri sotto la pioggia o sotto il sole cocente, erano piene di postazioni delle SS o dei repubblichini, quindi non solo dovevano nascondere bene il loro carico, tra i vestiti oppure nei cestini della frutta o della verdura, col rischio di essere perquisite e poi scoperte in qualsiasi momento, ma per nessuna ragione dovevano mostrarsi nervose. Qualsiasi emozione sul loro viso era interpretata come sospetta, e dava luogo a un controllo. E quindi spesso alla cattura, o alla morte”.
La Pacchioni ha raccontato anche come altre donne, lavoratrici nelle fabbriche, sabotavano tutti i prodotti destinati ai tedeschi. Come le automobili, per esempio, che arrivando a destinazione difettose non potevano essere utilizzate.
Molte altre, invece, incuranti del pericolo, nascondevano i combattenti nelle loro case o portavano armi, cibo, vestiti, beni di prima necessità a quanti si nascondevano tra le montagne.
E non si può non parlare anche di quante organizzarono e parteciparono alle agitazioni nelle piazze, alle manifestazioni, come quelle mille bolognesi del corteo del 16 aprile 1945, che sfidarono una colonna di militari tedeschi chiedendo la Liberazione dell’Italia.
Molte fondarono i Gruppi di Difesa della Donna, “aperti a tutte le donne di ogni ceto sociale e di ogni fede politica o religiosa, che volessero partecipare all’opera di liberazione della patria e lottare per la propria emancipazione” e, alla fine della guerra, si contarono circa 70.000 aderenti in tutta Italia.
Come dimenticare Leonilde “Nilde” Iotti Gisella “Edvige” Floreanini, Irma “Mimma” Bandiera, Norma Pratelli Parenti, Carla Capponi, Modesta Rossi, Clorinda “Veglia” Menguzzato, Ancilla “Ora” Marighetto, Ines “Bruna” Bedeschi, Vera Vassalle, Gina Borellini, Paola “Renata” Del Din, Cecilia Deganutti, Virginia “Luisa” Tonelli, Irma “Anty” Marchiani, Livia “Franca” Bianchi, Iris Versari, e tutte quelle donne sconosciute che, insieme a loro, consacrarono la vita alla libertà?
Tante non sopravvissero per vedere il 25 aprile 1945 ma la giornata che ricordiamo e festeggiamo oggi è la dimostrazione che il loro sacrificio non fu vano. Conserviamone il ricordo e non dimentichiamo quante furono “la resistenza dei resistenti”.