Televisione

Carosello, Oggi compie 60 anni il Programma Nazionale di Pubblicità

“Guida a destra o guida a sinistra?”. Con questa semplice domanda, unita ad una presenza discreta e ad un linguaggio sobriamente appropriato, Giovanni Canestrini si preparava a fare la storia della televisione italiana. Esattamente 60 anni fa, il 3 febbraio 1957, l’oramai quasi dimenticato fondatore della Mille Miglia diventava il volto del primo Carosello in tv: un breve – poco più di due minuti – contributo della Shell alla guida sicura, tre anni dopo l’avvio ufficiale del cosiddetto “Programma nazionale” RAI.

Ammiratori e detrattori negli anni lo hanno apprezzato o disprezzato, ma è innegabile che Carosello sia nato incarnando il lato seducente del capitalismo, quello che dopo le miserie della guerra già preconizzava i fasti imminenti del Boom economico. L’Italia, d’altronde, nel 1953 aveva sancito la propria integrazione alla Ceca, progenitrice dell’attuale Unione europea, dando vita quattro anni dopo alla Cee insieme con Francia, Germania, Olanda, Belgio e Lussemburgo. Qualcosa di molto significativo stava quindi avvenendo nell’economia nostrana, si ponevano le basi per una crescita industriale che con foga voleva superare il tracollo del periodo bellico. All’Italia ancora traumatizzata da quegli eventi, la réclame (così si chiamava) faceva apparire i consumi come un sogno alla portata di tutti, accattivante già nella sigla (il siparietto ideato da Cesare Taurelli e Luciano Emmer) e condensato in uno spettacolino piacevolmente frivolo.

La formula era piuttosto ripetitiva, anzi spesso si aveva l’impressione di assistere ad un automatismo promozionale. La struttura di Carosello era fissata secondo regole precise: circa 120 secondi a disposizione, suddivisi in una prima parte “spettacolare” ed una seconda – più breve – dedicata specificamente al prodotto. Il tutto in una confezione rassicurante e quanto più capace di insinuarsi nell’immaginario delle famiglie, magari di recente inurbazione e quindi pronte per essere educate all’acquisto. Anche se in realtà si puntava al vero “angelo del focolare”, e cioè la moglie-madre, colei che si occupava della spesa, che badava alla casa e che insomma avere il potere di spingere verso un determinato articolo.

In principio fu Canestrini, ma certo non mancarono volti più noti e facilmente persuasivi: in quella stessa memorabile serata dopo il consueto telegiornale, Mike Bongiorno proponeva lo shampoo L’Oréal e Mario Carotenuto le macchine per cucire Singer. Negli anni sarebbero poi apparsi Nilla Pizzi, Rita Pavone, Totò, Peppino De Filippo, Amedeo Nazzari, Mina, senza considerare i volti di chi – come Marcello Mastroianni o Anna Magnani – mai si sarebbe affacciato da dietro a quel sipario.

Un ventennio di simpatici sketch e poi, nel 1977, il congedo affidato a Raffaella Carrà. Complice forse l’insofferenza del pubblico per il suo rigido carattere seriale, Carosello era ormai diventato anacronistico, suscitando le critiche della Federazione professionale della pubblicità. In un documento parlò infatti di come avesse contribuito “ad aumentare la componente indiretta e frivola della comunicazione pubblicitaria” ed era chiaro che alla domanda crescente dovesse corrispondere un’offerta rinnovata. Addio ai divi in bianco e nero ma anche a Calimero, ai Papalla, a Caballero e alle loro piccole storie forse non tutte affascinanti, ma sempre “democristianamente” pulite e patinate. Il profluvio promozionale cui le tv dagli anni 80 in poi hanno concorso (peggiorandolo?) meriterebbe certo più ampie riflessioni.

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