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Chi era Stefano Cucchi? Storia del protagonista del film Netflix “Sulla mia pelle”

Tornata in auge in questi giorni grazie al docu – filmSulla mia pelle” diretto da Alessio Cremonini, la vicenda sulla morte di Stefano Cucchi è, di sicuro, una tra le più note riguardanti gli abusi delle forze dell’ordine in carcere.

Presentato alla 75esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, il film, il cui ruolo di Cucchi è stato affidato all’attore Alessandro Borghi, e che raccontata gli ultimi giorni di vita del 31enne romano, ha commosso la platea ed ottenuto l’applauso del pubblico presente in sala.

Il caso Cucchi è solo uno dei tanti avvenimenti che riguardano gli abusi perpetrati dalle forze dell’ordine balzati agli onori della cronaca italiana nel nuovo millennio, e che hanno portato alla morte delle vittime, basta ricordare, in particolar modo, Federico Aldrovandi, Giuseppe Uva, Michele Ferrulli e Carlo Saturno. Abusi che riportano alla mente anche altri avvenimenti come la Scuola Diaz durante il G8 di Genova o l’anarchico Giuseppe Pinelli defenestrato dal quarto piano della questura di Milano quel fatidico 16 dicembre del 1969, caso in cui venne coinvolto anche il commissario Luigi Calabresi.

Il caso Cucchi è tra quelli più noti grazie, soprattutto, alla tenacia con la quale Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, ha portato avanti la battaglia per fare chiarezza sulla morte del fratello.

Morte Stefano Cucchi, Sospesi i Carabinieri accusati dell'Omicidio 2

La morte di Cucchi

Il 15 ottobre 2009, il geometra romano trentunenne Stefano Cucchi viene fermato dai carabinieri e trovato in possesso di 20 grammi di hashish e di alcune pastiglie, tra cui quelle necessarie a far fronte alla sua “epilessia”.

Portato in caserma, a Stefano Cucchi viene decisa la custodia cautelare e il giorno dopo processato per direttissima. Durante il processo, Stefano mostra un’evidente difficolta nel camminare e nel parlare, oltre ad evidenti ematomi agli occhi.

Nonostante mostri condizioni di salute precarie condizioni, il giudice decide per lui una nuova udienza da celebrare qualche settimana dopo e il fermo cautelare al carcere di Regina Coeli. Dopo l’udienza le condizioni di Cucchi si aggravano, portato all’ospedale Fatebenefratelli viene visitato: il referto mostra lesioni ed ecchimosi alle gambe, al viso, all’addome, al torace, frattura della mascella, emorragia alla vescica e due fratture alla colonna vertebrale. Benché venga richiesto il ricovero, questo non avviene per il mancato consenso dello stesso paziente.

Tornato in carcere le sue condizione diventano ancora più critiche. Stefano Cucchi morirà, infatti, all’ospedale Sandro Pertini il 22 ottobre 2009. Al momento del decesso, Cucchi pesa solamente 37 chilogrammi.

Nonostante la famiglia, terminata la prima udienza, abbia cercato più volte di vedere Stefano, o almeno di conoscerne le condizioni di salute, questo gli è sempre stato negato. Riceveranno sue notizie solo quando un ufficiale giudiziario chiederà l’autorizzazione per l’autopsia.

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Il processo Cucchi

Quello di Cucchi è, sicuramente, uno dei casi giudiziari più seguiti dall’opinione pubblica italiana. Dopo otto anni, 45 udienze, diverse perizie e maxi perizie, 120 testimoni e decine di consulenti tecnici ascoltati, la famiglia attende ancora tutta la verità.

Il processo di primo grado per la morte di Cucchi ha inizio nel marzo 2011. Tredici le persone imputante per le quali viene richiesto il rinvio a giudizio: tre infermieri, sei medici, tre agenti di polizia penitenziaria e Claudio Marchiandi, direttore dell’ufficio detenuti.

Tra questi, Marchiandi viene condannato a due anni per i reati di favoreggiamento, falso e abuso in atti d’ufficio, assolto poi in secondo grado ad aprile 2012. Ai medici vengono avanzate le accuse di falso ideologico, abuso d’ufficio, abbandono di persona incapace al rifiuto in atti d’ufficio, favoreggiamento, omissione di referto, mentre i poliziotti vengono accusati di lesioni aggravate e abuso di autorità.

Dopo tre anni di processo, il 5 giugno del 2013 viene ufficializzata la sentenza di primo grado: agenti penitenziari e infermieri assolti. Vengono condannati, invece, per omicidio colposo i medici del Pertini.

Il 31 ottobre 2014, tutti gli imputati nel processo d’appello vengono assolti per insufficienza di prove. Contro questa sentenza, nel marzo del 2015 i legali della famiglia Cucchi depositano il ricorso in Cassazione, che viene accolto solo nel dicembre dello stesso anno. In questo caso, vengono annullate le assoluzioni dei medici, mentre rimangono confermate quelle dei tre agenti. Mentre la procura di Roma avvia delle nuove indagini e richiede nuove perizie.

I periti nominati dal gip Elvira Tamburelli, nell’ottobre del 2016, sostengono che la morte di Cucchi è stata “causata da un’epilessia in un uomo con patologia epilettica di durata pluriennale, in trattamento con farmaci anti epilettici”.

Qualche mese dopo, nel gennaio 2017, la Procura di Roma chiede, però, un nuovo processo per i tre carabinieri (Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e Francesco Tedesco) con nuovi capi d’accusa: omicidio preterintenzionale pluriaggravato dai futili motivi e dalla minorata difesa della vittima, abuso di autorità contro arrestati, falso ideologico in atto pubblico e calunnia.

Un mese dopo, la stessa Procura di Roma chiede il rinvio a giudizio di cinque carabinieri: su tre di loro pende l’accusa di omicidio preterintenzionale, mentre sugli altri due le accuse di calunnia e falso.

Nel maggio 2018, una nuova svolta nella vicenda. Francesco Di Sano e Gianluca Colicchio, due dei carabinieri che si trovavano con Cucchi la notte dell’arresto, ammettono che ci sono state modifiche ai report sulle condizioni del giovane.

Rivelazioni importanti per il proseguimento della vicenda e che aprono un importante spiraglio verso la verità.

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