Tecnologia

Facebook accusato di razzismo: sotto accusa le inserzioni pubblicitarie

Ad un anno di distanza dall’ultima inchiesta, il sito ProPublica torna a puntare il dito nei confronti di Facebook.

In questo caso, il diffuso social network viene accusato di discriminazione razziale, poiché consente agli inserzionisti di scegliere di escludere dalla visualizzazione delle pubblicità alcune categorie di persone sulla base di etnia, religione e salute.

ProPublica e le accuse di razzismo

Appena una settimana fa, il noto sito giornalistico ProPublica ha acquistato, sul sito di Facebook, una decina di inserzioni attinenti a case in affitto, chiedendo allo stesso social network di escludere dalla visualizzazione afroamericani, ebrei, persone di lingua ispanica, affiliati all’Islam o a rampe per sedie a rotelle, madri di ragazzi che frequentano le scuole superiori ed espatriati argentini. Tutte categorie protette dal Fair Housing Act americano, che vieta proprio determinate discriminazioni per chi vende o affitta una casa.

Il vicepresidente di Facebook Ami Vona è intervenuto sulla questione ammettendo che queste pubblicità rappresentano “un fallimento, e siamo delusi di non essere stati all’altezza dei nostri impegni”.

I precedenti

Non è la prima volta che la testata ProPublica punta il dito verso la creazione di Zuckerberg. Nel febbraio scorso, infatti, Facebook aveva annunciato nuove policy e nuovi algoritmi per evitare pubblicità discriminatorie su case, lavoro e credito, come previsto dalle leggi U.S.A., proprio in seguito ad un’altra analoga inchiesta di ProPublica.

Come se non bastasse, oltre a ProPublica, in settimana un ex privacy manager di Facebook ha scritto un articolo sul New York Times accusando il social network di privilegiare la raccolta di dati rispetto alla protezione degli utenti da abusi.

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