Intervista a Mariella Nava: la cantante racconta il nuovo album “Epoca”
Chi meglio di una cantautrice profonda e altrettanto sensibile conoscitrice dei meccanismi e logiche sottili della comunicazione musicale, avrebbe potuto poeticamente descrivere meglio il tempo in cui viviamo, se non Marialla Nava? Nel suo ultimo album “Epoca”, pubblicato lo scorso febbraio, ritroviamo tutto il suo stile compositivo, figlio di una carriera autorevole e densa di prestigio.
Buongiorno Mariella, tu che sei donna sensibile, cominciamo subito con un doveroso pensiero riguardo un tuo autorevole collega che meriterebbe assolutamente più attenzione e rispetto per il suo straordinario patrimonio artistico e poetico: Pino Mango, l’usignolo della musica italiana. Ricordo un vostro memorabile duetto intitolato ‘Il mio punto di vista’… “Pino è un artista completo in tutto, le sue canzoni sono un tutt’uno con quelle acrobazie vocali che solo lui è capace di donare. La soavità eterea e spirituale del suo modo di interpretare, resta un punto di forza imbattuto della nostra musica leggera, così come la delicatezza del suo modo di approcciare musicalmente le parole, che ne fa un artista unico e senza eredi all’orizzonte. Mango sapeva osare, sperimentare, aveva un’attenzione alla cura del dettaglio innata. Per lui le parole sono suono ancorché significato, lo considero il più grande esponente del così detto pop-rock mediterraneo. Anche lui, come me e molti altri illustri colleghi, ha subito in questi ultimi tempi moderni l’assurdo e ingiusto ostracismo che certa stampa, certa radio, certa discografia riservano ad un certo tipo di cantautorato che, a differenza della musica attuale, ha fatto la storia della canzone italiana. E’ un dovere di tutti noi ricordare un maestro assoluto come Mango, un autentico signore garbato e gentile come Pino, timido e riservato, educato e cortese come pochi, che al divismo senza motivo contrapponeva una classe e l’energia di un leone quando si sedeva al pianoforte, imbracciava la chitarra, intonava una canzone e col canto suadente conquistava tutti indistintamente”.
Dal 16 giugno sei tornata in radio con “Ho bisogno di te”, secondo singolo estratto dal tuo ultimo album “Epoca”. Come mai questa scelta? “Tanto per cominciare è un brano d’amore, di quelli che d’estate da un po’ di tempo non si sentono più. Vanno bene i ritmi latini, le canzoni filastrocche piene di parole, ci fanno divertire, però il lentone che parla del sentimento più nobile, che vive a stretto contatto con questa ragione, beh quello personalmente a me mancava. In più ho notato, dagli incontri nei vari firmacopie, che è stata da subito una delle canzoni più amate. Diciamo pure che si è scelta da sola, io ho solo seguito le indicazioni di chi da anni mi ascolta e mi sostiene”.
In passato hai affrontato tanti temi sensibili e sociali nelle tue canzoni, tra tutte mi viene in mente “Piano inclinato”, “Dentro una rosa”, “Stasera torno prima”, ma potrei andare avanti all’infinito. E’ difficile toccare certe tematiche senza sfociare nella retorica o, peggio ancora, nel pregiudizio comune che un’artista in qualche modo possa marciarci su un determinato argomento? “A me non è mai successo sinceramente, non ho mai generato questo sensazione, perché se la tua posizione è corretta ed onesta non può derivare un pensiero del genere. Quando affronto una tematica che a me sta a cuore, cerco sempre di farlo in maniera pulita, sincera e molto partecipata, perché bene o male sono argomenti che potrebbero toccare ad ognuno di noi, dall’AIDS alla violenza sulle donne, passando per l’eutanasia. Tutto quello che racconto vive fortemente in me, la retorica nasce da un distacco, da una narrazione finta, da una serie di atteggiamenti che non mi appartengono”.
Quando un grande cantautore decide di immergersi nei panni di interprete, per affidarsi totalmente alle parole di un altro collega, credo sia l’attestato di stima più grande. In passato ti è capitato spesso, ad esempio, con Renato Zero e Gigi D’Alessio. Per un cantautore è così difficile condividere le emozioni di altri? “Io non sono per le forzature, ma per le cose che nascono in maniera spontanea, come con Gigi che fu proprio lui a richiedermi un pezzo, dicendomi: ‘Tu hai scritto per i più grandi, se tu scrivi per me mi sento grande anch’io’. Lui è una persona splendida, che conoscevo già perché l’avevo ospitato sul palco del Sistina qualche anno prima. Io sono sempre molto disponibile alle collaborazioni, ma devo sentirle veramente e non le vivo né come favori nei riguardi di altri, né come un favore nei miei confronti. Se una cosa nasce spontanea arriva al grande pubblico, ma se è forzata o disegnata a tavolino per un discorso commerciale, diventa un conto che prima o poi si paga, perché si perde di credibilità. Con Renato è diverso, lui per me è un maestro, oltre che grande amico consigliere, ma nello stesso tempo è anche un mio ammiratore. Il suo è un abbraccio che dura da anni, uno dei regali più belli che ho ricevuto dalla vita. Considera i miei doni come delle perle che incastra alla perfezione nei suoi lavori e questo non può che onorarmi. Da ‘Spalle al muro’ a ‘Crescendo’, passando per ‘Un altro pianeta’, “Spera o spara’, ‘Testimone’, ‘Nuovamente’ e l’ultima ‘Pazzamente amare’, che ha inserito nel suo nuovo progetto ‘Zerovskij – solo per amore’, volto a celebrare i suoi cinquant’anni di carriera”.
Nella tua carriera hai partecipato otto volte come cantante e tre come autrice al Festival della canzone italiana, non nascondendo nemmeno le esclusioni, anzi mettendole insieme nel disco “Sanremo si, Sanremo no”. Cosa pensi oggi di questa manifestazione? “Penso che chi organizza il Festival debba fare i conti con gli ascolti, a causa delle cifre economiche che muovono una macchina organizzativa di tale portata, di conseguenza se un personaggio in quel momento non è esposto o sostenuto da una grande etichetta discografica, non è considerato utile. La soluzione, secondo me, sarebbe tornare a tre categorie: i giovani delle Nuove Proposte, i ragazzi usciti dai Talent show e i Big, che non dovrebbero essere soggetti ad alcuna eliminazione perché, ad esempio, artisti come Al Bano, Ron e Gigi D’Alessio nel corso della loro carriera hanno già affrontato e superato tutti gli esami del mondo e non hanno più nulla da dimostrare. Questa sarebbe la formula più innovativa e meritocratica per garantire a tutti il proprio spazio, magari con maggior turnover”.
In tal senso, Pippo Baudo – fortemente caldeggiato in questi giorni dai due noti critici musicali Maurizio Scandurra e Lele Boccardo – per il 2018 potrebbe essere l’uomo giusto? Non trovi che a volte la vera innovazione sia avere il coraggio di tornare alla tradizione? “Pippo c’ha sempre visto lungo, è sempre stato un grande innovatore. Magari affiancato da qualcuno ritenuto dall’organizzazione come una sorta di compromesso generazionale, potrebbe essere la carta vincente. Con ‘Domenica in’ ha dimostrato ancora una volta di essere un presentatore attivo e con esperienza, ma parliamo di una kermesse che produce molto stress, se lui se la sentisse non potrei che esserne felice. Da un lato ne sarebbe felicissimo, perché il Festival è da sempre nel suo cuore, da lì ha scoperto e lanciato tanti talenti che nel tempo sono rimasti. Solo per questo meriterebbe di essere nominato senatore a vita di Sanremo, stare stabilmente dietro le quinte per prendere quelle che, sono sicura, sarebbero giuste e lungimiranti decisioni”.
Il web rappresenta più una minaccia o una risorsa per la discografia? “L’hanno vissuta tutti come una minaccia, come una causa di perdita di mercato. Secondo me è una giusta opportunità che è stata utilizzata male e, ancora oggi, non è cavalcata nella maniera giusta”.
Giri molto l’Italia, anche per quanto riguarda concorsi canori di emergenti, dando il tuo autorevole apporto, quindi sei a stretto contatto con molti giovani artisti. Alla luce di questo, credi che in crisi sia più la discografia o il talento? “Il talento non può essere in crisi, perché lo decide la natura, è come un fiore che nasce in mezzo al nulla, anche tra i sassi e l’asfalto. Il talento è più forte di ogni altra cosa. La discografia è in crisi, perché ha perso la sua energia finanziaria e, di conseguenza, il coraggio della decisione, la voglia di far vivere più forme musicali, puntando soltanto su quello che viene ritenuto commerciale. Ma se una progetto lo ritieni comunque valido, bisogna mantenerlo vivo, perché il poco è quella goccia che ti fa mercato, spesso, anche contrariamente ai pronostici. E’ come quando apri un ristorante e proponi solo un piatto, prima o poi avrai soltanto clientela che ama quel piatto. Se, invece, proponi un menù più ampio, arriverà sempre molta più gente. La varietà fa sempre la moltitudine. E’ un errore di fondo, una valutazione oggettivamente sbagliata, perché riferirsi solo al pubblico giovanissimo ha fatto si che i dischi fisici non si vendano più, perché i ragazzi non li comprano più, se non attraverso la spinta del firmacopie, che rappresenta un po’ l’ossigeno a cui siamo tutti attaccati. La discografia dovrebbe rinnovarsi nella sua modalità di offerta, solo in questo modo potremmo uscire dalla crisi”.
Citando il titolo del tuo ultimo album, la musica quale Epoca sta attraversando? Cosa intravedi all’orizzonte e quali rimedi potrebbero riportarla allo splendore di un tempo? “La musica è un universo sempre pronto ad essere apprezzato ed esplorato, è il nostro atteggiamento che può valorizzarla per far si che si torni ad ascoltarla con l’attenzione che merita. Secondo me, è questa educazione che è andata persa, la buona abitudine di educare all’ascolto di ogni forma musicale. L’ultimo Eurovision Song Contest, dove ha partecipato il nostro bravo Francesco Gabbani, ha dimostrato che può arrivare una forma musicale molto intima, che in questo momento non è in auge, con le fiammelle accese di chi sta vivendo un’emozione, e ha vinto tutto. Il primo premio ma, soprattutto, l’applauso del pubblico. Una dimostrazione forte che non va presa come una casualità, bensì come un’indicazione. Dobbiamo capire che, quando parliamo di musica, c’è una possibilità in tutto, perché ha una forza incredibile in grado di sorprendere ogni nostra aspettativa”.