Musica

Mario Lavezzi: “Discografia in crisi? Io non mollo”, l’intervista

Cantautore e produttore discografico, questo e molto altro ancora è Mario Lavezzi, che nel corso della sua longeva e fortunata carriera ha lavorato con i più grandi autori e interpreti della canzone italiana. Lo abbiamo incontrato per approfondire la sua storia e scoprire il suo illustre parere sulla situazione in cui riversa oggi la discografia.

Maestro Lavezzi, lei ha mosso i primi passi nel mondo della musica in storiche realtà come i Camaleonti ed i Flora Fauna Cemento. Come sono stati i suoi esordi? “Ancora prima dei gruppi che hai citato ci sono stati, a livello studentesco, i Trappers. Ripensando con tenerezza proprio a questa band e a quel periodo storico per me felice, ho deciso di riproporre sotto forma di contest quel tipo di musica, con una kermesse dedicata ai giovani gruppi musicali universitari. Mi sono ricordato quanto fosse stimolante e producente ritrovarsi con i proprio coetanei, scambiarsi le proprie sensibilità e le proprie idee. Come dico sempre, da un momento di confronto e unione possono nascere i Beatles. Tutti i complessi, almeno all’epoca, hanno avuto gli stessi stimoli e lo stesso contesto dato da un certo modo di fare musica”.

Che differenza trova tra un complesso di quei tempi e un gruppo musicale di oggi? “Credo siamo due cose che non si possano paragonare, parliamo di epoche completamente distanti tra loro, perchè è lo stesso contesto sociale che le ha rese e le rende diverse. Quella che ho vissuto era una vera e propria rivoluzione dei costumi che ha prodotto cose straordinarie, dal punto di vista della creatività, in tutti i settori. Basti pensare come oggi vengano, sempre più frequentemente, riproposti fenomeni come quello della Mini o della 500. Era un’epoca diversa, uscivamo dalla guerra e vivevamo gli effetti del boom finanziario, oggi siamo in crisi e non solo dal punto di vista economico, una volta c’erano degli ideali che ognuno di noi difendeva, mentre adesso i valori si sono un po’ persi”. 

Poi è arrivato il suo impegno cantautorale e nelle vesti di produttore discografico… “Ho sempre cercato di fare prodotti di qualità e, devo dire, spesso si sono tramutati anche in dei successi commerciali, come per la Bertè, la Vanoni, la Oxa o la Mannoia, per la quale ho prodotto cinque dischi, dove al loro interno c’erano pezzi del calibro di ‘Come si cambia’ e ‘Quello che le donne non dicono’. Il grande lavoro è quasi sempre convincere l’artista che quella determinata cosa è detta o fatta per i suoi interessi, che quella canzone sulla quale riversa scetticismo, in realtà, è qualitativamente la migliore. D’altro canto questo è il compito del produttore, guardare le cose dal di fuori con un po’ di sano distacco”.

So che chiederlo a un autore è un po’ come chiedere a un padre quale sia il suo figlio preferito, ma c’è un pezzo che ha scritto a cui è maggiormente legato? “Sicuramente ‘Il primo giorno di primavera’, perchè è una canzone nata da un momento di disperazione personale, dato dal mio abbandono ai Camaleonti per il servizio militare. Venivamo da anni di grandissimi successi, da ‘L’ora dell’amore’ a ‘Portami tante rose’, per un ragazzo di 19 anni essere costretto a rinunciare al proseguo di un sogno non è stato facile. Quando ho scritto questo pezzo ero devastato, anche se poi ho imparato che il ‘si chiude una porta si apre un portone’ non è solo un modo di dire, ma è la vita. Tengo molto a questa canzone, anche perchè è stata prodotta da Lucio Battisti e scritta da me in coppia con Mogol”.

Le faccio la domanda al contrario, c’è un pezzo che risentendolo a distanza di anni le fa pensare: “santo cielo ma cosa ho scritto”? “Si, devo dire la verità, soprattutto le primissime cose con i Flora Fauna e Cemento, dal testo di ‘Superstar’, traduzione un po’ improbabile del celebre tema principale del musical ‘Jesus Christ Superstar’, a ‘Mondo blu’, passando per ‘Un papavero’, sono tutte canzoni che mi fanno tenerezza, perché era il periodo dei figli dei fiori, dell’amore libero, degli hippy. Un momento molto bello e spensierato e i testi che scrivevo sottolineavano quella che era la mia età, quindi non posso rinnegare nulla ovviamente”. 

Tra di loro c’è Alexia, a cui ha recentemente curato la produzione del suo nuovo album. Cosa ci può anticipare? “Per me lei è un’artista straordinaria, dotata di un’energia spaventosa, che ha fatto un Festival di Sanremo con me nel 2009 e che ultimamente la gente ha un po’ dimenticato dopo che è stata un po’ fuori dal giro, perché ha preferito fare la mamma, ma rimane un’eccellenza della musica italiana. Il suo nuovo album uscirà a Settembre, dal mio punto di vista di ottima qualità, così come il singolo che ha già lanciato ‘Beata gioventù’, scritto da Lorenzo Vizzini e musicato anche da me, che rappresenta un po’ il biglietto da visita di quello che sarà questo nuovo progetto”.

Come si definisce oggi Mario Lavezzi? “Non mi definisco, ma continuo a fare quello in cui ho sempre creduto, spero sempre in meglio. Oggi la musica è diventata una rincorsa al fatturato usa e getta, facile da raggiungere ma difficile poi da mantenere nel tempo. I ragazzi di oggi, anziché partecipare ai talent show, dovrebbero culturizzarsi ascoltando ad esempio il repertorio di De Andrè e De Gregori. Viviamo in un cambiamento epocale che non si può contrastare, bisogna adeguarsi altrimenti si viene travolti dai tempi. Io non mollo, continuo a svolgere il mio mestiere di produttore e a credere nei miei artisti”.

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