Politica

Vitalizio day: storia di un successo del M5S

“Le parole sono importanti” grivada Nanni Moretti in Palombella Rossa. In tempi non sospetti, era già chiaro quanto le singole parole potessero contare in politica. Ce ne siamo resi conto una ventina di anni dopo. Dopo una lunga transizione tra prima e seconda repubblica, il Movimento cinque stelle vince le elezioni usando le parole dell’anti-politica.

Il linguaggio dell’M5S

Per l’appunto parole, anzi, un codice. Facile da comprendere e ripetere per i sostenitori. Preferibilmente sul web dove la diffusione è massima ed i costi sono minimi. La vera sorpresa elettorale del 2013 è stata l’ingresso, in tempi di disaffezione politica, di sostenitori compatti nell’usare il vocabolario approvato. Il vero successo, poi, è arrivato quando anche gli oppositori hanno iniziato ad usare il codice verbale in questione rendendolo, difatti, chiave di lettura della realtà. Esempio lampante è stato il “ vitalizio day”, oggi giorno di indignazione collettiva per l’assegno che i parlamentari riceveranno in età pensionabile. Giorno di rabbia sintatticamente simile al più celebre “vaffa day” o “V-day” che sia. Il fatto che una giornata di consueta prassi burocratica sia elevato a giornata di anti-politica è indicatore del ritorno di un’ottima strategia comunicativa.

Vitalizio day, comunicazione ed agenda politica

Le parole, gli hashtag, gli slogan inevitabilmente diventano punto fermo dell’agenda politica. La dimostrazione palese è data dalla maggioranza di governo che, nel poco tempo rimasto per approvare decreti e provvedimenti urgenti, spende tempo e indirizza l’agenda politica verso una legge voluta dalla vox populi.  Il ddl Richetti non può che accontentare la folla che grida indignata su argomenti di cui ha informazioni frammentarie e raccolte in maniera pressapochista. Ricapitolando, una campagna di comunicazione che va a buon fine induce i cittadini a denunciare la grande ingiustizia pensionistica; lo scontento popolare che si tramuta in legge (con sospetti di incostituzionalità) è definito demagogia. Per l’appunto il virtuale influenza l’esecutivo. La rottura del rapporto virtuoso tra politica, comunicazione ed informazione non può che trasformarsi in demagogia se non, come ci ha tristemente insegnato la storia, in situazioni più gravi. Un boomerang sociale e comunicativo che in cambio di voti non fa altro che aumentare il vento della sfiducia.

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Matteo Squillante

Napoletano di nascita, attualmente vivo a Roma. Giornalista pubblicista, mi definisco idealista e sognatore studente di Storia e Culture Globali presso l'Università di Roma Tor Vergata. Osservatore silenzioso e spesso pedante della società attuale. Scrivo di ciò che mi interessa: principalmente politica, cinema e temi sociali.
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