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Accadde Oggi 16 febbraio: Nel 1959 Fidel Castro saliva al potere

Esattamente 58 anni fa Fidel Castro diventava primo ministro di Cuba. La rivoluzione dei “Barbudos” contro Batista era compiuta, anche grazie al compagno di lotta Ernesto “Che” Guevara, ed ora poteva finalmente seguire l’inizio di una nuova epoca. Che sarebbe durata ininterrottamente 49 anni, sotto l’egemonia di uno degli uomini più controversi della storia. Il “Lider Máximo” avrebbe firmato la resa soltanto alle proprie condizioni di salute, per lasciare il potere al fratello Raul il 18 febbraio 2008. Otto anni dopo, il 25 novembre 2016, la morte all’età di 90 anni. Per il suo popolo è stato un liberatore, da una dittatura militare sostenuta dagli Stati Uniti detentori di forti interessi economici, nemico temuto della democrazia liberale e interprete di questioni sociali pressanti. Ma per il mondo, chi è stato?

Secondo Donald Trump, con la sua morte ci si liberava di un brutale dittatore; secondo Putin era stato invece un illustre statista, per onorare il quale L’Havana proclamò nove giorni di lutto nazionale, dandogli poi sepoltura nel cimitero di Sant’Ifigenia (dove riposa l’eroe dell’indipendenza cubana Jose Marti). Da ogni parte accorsero all’arcipelago caraibico per rendere omaggio alla salma (Maradona compreso), eppure lo straordinario consenso di cui Castro ha goduto non può generare indifferenza per altri aspetti, assai più discussi. La stessa figlia Alina, ad esempio, fuggita nel 1993 a Miami con un passaporto falso, non ha esitato a parlarne come di “una persona con un livello di crudeltà abbastanza elevato”, ma certo è che una figura così complessa meriterebbe uno spazio di analisi molto più ampio. Da una parte gli onori, dall’altra le testimonianze drammatiche di intellettuali come Reinaldo Arenas (l’autore di Prima che sia notte) e le dichiarazioni di Amnesty International, all’indomani della sua scomparsa: “I risultati raggiunti da Fidel Castro nel miglioramento dell’accesso di milioni di cubani ai servizi pubblici sono stati mitigati dalla sistematica repressione delle libertà fondamentali“.

Sono parole pesanti, ma ciò non toglie che si debbano tenere presenti le colpe di un certo Occidente, quello che all’indomani della rivoluzione castrista impose l’embargo nel 1962. La Guerra Fredda aveva assunto contorni ben definiti, e con l’inizio della nazionalizzazioni e degli espropri lo scontro era ormai dichiarato. Nel 1998 arrivò a Santiago Giovanni Paolo II, che condannò la misura discriminatoria del Proclama; nel 2011 una mozione ONU per chiederne la cessazione, definita “fondamentale” dallo stesso Obama. In mezzo e successivamente, ulteriori episodi nodali come la riapertura dell’ambasciata statunitense a L’Havana nel 2015, all’interno di un rinnovato percorso inclusivo tutt’altro che terminato.

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