Attualità

Fiscal Compact nei trattati europei: la proposta della Commissione

Flessibilità e vincoli economici formalmente scritti nei trattati dell’unione. Sarà questa la grande, inaspettata questione che il Consiglio Europeo dovrà deliberare settimana prossima. La proposta è partita dalla Commissione guidata da Jean-Claude Juncker, la quale mira in questo modo a consolidare la rigorosa linea tedesca basata su un’economia di austerità, in nome di un pareggio di bilancio che tutti gli stati dell’ Eurozona sono tenuti a perseguire.

Sinora tuttavia la tendenza da parte di quest’ultimi (Germania compresa) è stata quella di temporeggiare con le manovre necessarie; un affronto a cui hanno aderito soprattutto quei paesi, tra cui l’Italia, i quali risultano già al di sotto della soglia del discusso 3% deficit/pil. Con la riforma l’Unione Europea potrà perseguire meglio l’agognata rigidità dei parametri di bilancio, imponendo formalmente gli obblighi a ciascuno stato membro.

Un progetto di riforma “flessibile”?

Innanzitutto è da valutare attraverso quale isituto giuridico verrà ufficiaizzato il progetto, se sotto forma di regolamento all’interno dei trattati – e quindi legge da applicare alla lettera – o se mediante una più condiscente direttiva, la quale eviterebbe l’integrazione formale nei trattati e rimanderebbe l’implementazione alla legge ordinaria interna.

Il documento inviato ai governi dichiara che “la proposta di direttiva si basa sull’osservazione che non ci può essere un’applicazione efficace del quadro di regole fiscali dell’Ue senza un approccio top-down“. Tradotto significa che, secondo la commissione, l’effettiva applicabilità dei vincoli economici potrà essere raggiunto soltanto mediante l’obbligatorietà derivante dai trattati, i quali si collocano al vertice delle fonti del diritto comunitario e quindi al di sopra dei singoli ordinamenti statali.

Proprio ieri il Ministero del tesoro italiano ha pubblicato un comunicato di risposta in cui esprime il suo ottimismo nei confronti della riforma. “La proposta – afferma il comunicato del Mef – rafforza la governance ed è in linea con le posizioni italiane”. Pare quindi che Padoan non abbia cambiato idea sul rigore economico dell’Ue; in particolare il nostro ministro dell’economia si è espresso con grande approvazione sulla questione della flessibilità: “[Il ministero] prende nota con soddisfazione degli elementi di flessibilità presenti nel patto di stabilità e crescita, fortemente promossi e sostenuti, come è noto, dall’Italia – continua il comunicato – la flessibilità diventa un elemento integrante della disciplina di bilancio europea”.

Altre novità importanti

Le novità non si esauriscono così in fretta (purtroppo?): un’altra grossissima proposta riguarda la trasformazione dell’Esm – il fondo salva-stati – in un Fondo Monetario Europeo (Fme) pensato sulle orme dell’omonimo fondo internazionale (Fmi); la sua funzione sarà gestire le future crisi bancarie, grazie ad un solido budget facilmente accessibile.

Infine l’Ue sta pensando all’impiego di un ministro dell’economia delle finanze europeo a capo dell’Eurogruppo; in aggiunta il superministro sarà vicepresidente della commissione e supervisore dell’eventuale Fondo Monetario Europeo. Emergono dubbi circa la credibilità di questo squalo della finanza, relativi al fatto che egli non beneficerà di un budget personale autonomo, rendendolo di fatto vulnerabile a possibili corruzioni.
Alla fine ci saranno incentivi per quei paesi che rispetteranno appieno i trattati: 300 milioni di euro, ovvero futili spiccioli.

Pare quindi che non bastino le misure di austerità finora attuate da tutta Europa; risulta ormai chiaro che la parola “flessibilità” sia il termine preferito da Bruxelles e dai governi tecnici che giovernano l’Italia da circa 7 anni (Mario Monti in primis); flessibilità sì… ma di chi? Della classe lavoratrice e migrante sfruttatta a sangue o dei governanti-tecnici di Montecitorio?

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