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Intervista ad Alessandro Meluzzi: “La globalizzazione colpisce anche fede e cultura”

Abbiamo incontrato per voi Alessandro Meluzzi, noto psichiatra e criminologo, che ci ha esposto quelli che sono i suoi pensieri sull’attuale società in cui viviamo: dal fenomeno della violenza di genere al suo rapporto con la fede, arrivando a parlare di globalizzazione anche in termini di cultura e di musica.

Buongiorno Professore, cosa ne pensa del fenomeno della violenza di genere“La violenza di genere è in grande diminuzione. Se confrontano i dati attuali con quelli dell’Italia post unitaria, i femminicidi erano molto più frequenti, anche se venivano chiamati delitti d’onore, stupro nel fienile, soldato che incontra una pastorella, ma le donne venivano uccise e abusate molto più di oggi. L’allarme che suscita è soprattutto un costrutto culturale, ma il fenomeno quantitativamente è sicuramente in diminuzione, come molti altri reati verso la persona”.

Perché, secondo lei, sono quantitativamente di più gli uomini a non riuscire a rassegnarsi alla fine di una storia? “Dati ufficiali dicono che, oggi, il 70% è rappresentato da uomini che uccidono donne, mentre il 30% sono donne che uccidono uomini. Perché gli uomini che le perseguitano, spesso, sono quelli che io ho chiamato in un mio libro ‘I maschi fragili’, incapaci di elaborare il lutto alla perdita della separazione e, di conseguenza, la frustrazione. Si tratta in genere di uomini affidabili, presenti e fedeli, non certo di farfalloni con la Sindrome di Peter Pan che se vengono abbandonati se ne fregano. Sono persone che non hai mai preso in considerazione l’eventualità di essere lasciati dal proprio partnet, che si ritrovano spaesate e senza più alcun punto di riferimento”.

Crede che i processi mediatici possano, in qualche modo, influenzare quelli nelle aule dei tribunali? “Sicuramente si, ormai viviamo nell’era di una giustizia mediatizzata e ci troviamo di fronte inevitabilmente e irreversibilmente a questa realtà. D’altra parte fermare l’informazione sarebbe come fermare l’aria con le dita”.

Alla luce della sua esperienza, cos’è per lei la fede? “La fede per me è l’adesione ad una scommessa, l’idea che mi spinge a pensare che sia meglio credere che ci sia qualcosa piuttosto che niente”. 

Occupandomi nel mio settore principalmente di musica, vorrei avere una opinione sul caso Tenco. Sono passati cinquant’anni dalla tragedia e, forse, non si è mai fatta chiarezza a riguardo. Le indagini erano state riaperte e poi archiviate lo scorso anno. Crede anche lei che si sia trattato di suicidio? “Non saprei, non ho mai approfondito il caso. E’ una questione molto tecnica che richiederebbe di analizzare i fatti del tempo. E’ significativo che per molto tempo si è pensato che questo caso contenesse un enigma, il che vuol dire due cose: o che dietro ci sia davvero un mistero davvero o che si tratta di una di storie totalmente romantiche, di quelle che alla fine tendono a diventare oggetto una curiosità, in qualche misura, affabulante”.

Una volta la musica cantava il bello, oggi canta il degrado. Perché il rap conquista gli adolescenti? “Forse è sempre stato così, anche ai tempi del rock duro, per le canzoni goliardiche del passato. L’umanità, in questo senso, mette in scena il bello e il brutto a seconda dei momenti e delle circostanze. Oggi il rap metropolitano esprime la realtà di alcuni quartieri suburbani, principalmente in città nord americane di colore, rispetto a questa origine il resto è uno scimmiottamento di moda”. 

Quindi, secondo lei, anche nella musica c’è una sorta di globalizzazione? Se si, porta più svantaggi o vantaggi? “Assolutamente si, nell’era della musica in rete sempre di più. Non la metterei su questo piano, quando le cose accadono è come chiedersi se la scrittura sia stata un vantaggio o uno svantaggio per la storia della civiltà, certamente senza la scrittura non ci sarebbero stati i Dieci Comandamenti o i proclami di Stalin. Quando una cosa accade entra nella storia, quindi non serve chiedersi se sia stato un bene o un male. Il web è un passaggio della tecnologia ed è superfluo chiedersi sei giusto o sbagliato utilizzarlo”.

Quali sono i suoi ascolti quotidiani? “In verità, ascolto pochissima musica, per lo più classica, oppure i grandi cantautori italiani della mia epoca, degli anni ’70 e ’80. Da Fabrizio De Andrè a Francesco Guccini, ma anche Luigi Tenco”.

Un’ultima domanda. Lei che è attento alle novità, ha speso parole interessante per ‘ZERO’, la nuova idea che fa risparmiare i consumatori. E’ un social network che consente di azzerare le bollette. Un’idea innovativa, che ho testualmente definito ‘esempio di tecnologia finalizzata ai bisogni dell’umano’. Una strada da seguire”.

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