Attualità

Strage di Capaci, 23 maggio 1992: in Ricordo di Giovanni Falcone

Capaci, Sicilia: il 23 maggio 1992 a seguito del vile attentato di Cosa Nostra perdono la vita il magistrato antimafia Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo, e tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro. Oggi l’Italia li ricorda così.

Sono passati ben 25 anni dalla strage di Capaci. Nella bella Sicilia, fra gli ulivi secolari e il sole che va tramontando, sull’autostrada A29 in un caldo pomeriggio che già profuma d’estate l’Italia, il mondo si ferma. Si fermano gli occhi di grandi e piccini di allora su un’edizione straordinaria del TG, si fermano sulla devastazione. Sono scene di guerriglia che, come riportò all’epoca il quotidiano La Repubblica, grazie al corrispondente Attilio Bolzoni ricordano le stragi del Libano.

Il cielo terso della bella Sicilia allo svincolo per Capaci, nel Comune dell’Isola delle Femmine – davvero una manciata di pochi chilometri per Palermo – è ormai una nube nera. L’asfalto è un unico squarcio, cento metri, ma chi li conta davanti alla devastazione? Sono solo numeri. E noi invece parliamo di volti, sorrisi e speranze; sogni, dedizione e senso di Giustizia. Vite che si spezzano tutte alle 17;58 di un pomeriggio qualunque. Nel nostro umile ruolo di “narratori” del mondo potremmo usare ancora mille aggettivi per definire la grandezza, nella semplicità del magistrato Giovanni Falcone. E dei suoi angeli custodi Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, parte della sua scorta; fra gli angeli di Falcone prima fra tutti c’è sua moglie, Francesca Morvillo, anche lei magistrato…sarà l’unica donna magistrato a morire per mano della Mafia.

Le iniziative a commemorazione di questa giornata 

Da quel terribile 1992 si solleva un unico grido unanime: NO. NO alla Mafia, no all’omertà. SI al coraggio. E tante sono le iniziative a favore del ricordo;oggi 70.000  studenti e studentesse sono protagonisti di #PalermoChiamaItalia, l’iniziativa organizzata dalla Fondazione Falcone e dal ministero dell’Istruzione per la commemorazione della strage di Capaci. Dal 2015 questo giorno di memoria, prima concentrato a Palermo, è stato esteso a tutto il Paese.

Sono nate così le Piazze della Legalità’, spazi di dibattito e testimonianze, che quest’anno sono in nove città: Milano, Trieste, Gorizia, Teramo, Roma, Foggia, Bari, Napoli, Vibo Valentia. Si mobilitano i social, si mobilitano questa volta anche le Università, portando i diversi atenei d’Italia a presenziare a Palermo. La Rai scende in campo dalle 10:00 alle 13:30 con lo Speciale di UnoMattina dall’Aula Bunker dell’Ucciardone, proprio portando nelle case degli italiani la splendida iniziativa sopracitata.

Strage di Capaci: il ricordo di noi….

Quando si parla delle stragi di Capaci e via D’Amelio noi italiani siamo come gli americani nel ricordo della strage dell’11 Settembre: tutti sappiamo di cosa parliamo ma ognuno di noi può raccontare, della stessa storia mille sfaccettature diverse. Dalla mia posso invocare in parte la spensieratezza dei miei allora 5 anni, quella meravigliosa età dell’innocenza che certo, può iniziare a capire l’orrore del mondo ma senza comprenderlo davvero; senza comprendere quali siano i fili che il burattinaio che è il Fato si diletta nel muovere.

 

Indubbiamente ricordo i giochi interrotti, il silenzio assordante in casa mia. Ricordo un gelato mangiato di fretta, mentre ci sediamo tutti al divano; la magia dei 90′ è tutta nell’assenza della tecnologia: niente smartphone, tablet, portatili. Il PC è spento in studio, d’estate ci si divertiva giocando e la sera tutti seduti al divano dopo cena per guardare la tv. Niente accesso rapido e facilitato alle informazioni, dunque: nei 90′ si naviga nella beata ignoranza finché non sopraggiunge il TG della Rai, ovvio.

C’è rabbia e sgomento in mio padre, paura negli occhi di mia madre. Per noi, a casa quella non è una classica vicenda di stragi che tocca solo dal lato umano. Mio padre è un Carabiniere, arruolatosi a 18 anni ai tempi di Aldo Moro e le Brigate Rosse. E noi, io e mia sorella maggiore nella quieta fanciullezza comprendiamo quel che ci viene spiegato con delicatezza, tralasciando l’orrore, ma commemorando gli eroi.

E nei giorni successivi quando il nonno materno viene a trovarci è con lui che mio padre si confronta, si interfaccia. Sono due volti allo specchio, due volti, due persone che parlano la stessa lingua perché anche mio nonno era un carabiniere, di quelli forti dei tempi andati, i primi rampanti sulle prime moto in Valtellina. Per noi, a casa i magistrati Falcone e Borsellino sono già eroi, li “conosciamo” da tempo.

La Strage di Capaci: il racconto

Il “bollettino” di guerra di quell’unica giornata è assurdo: mille chili di tritolo, per togliere di mezzo il Grande Nemico della Mafia. Dietro la forma bestiale di quell’attentato si cela l’idea di Riina che ha preso vita. Diversi sono i feriti – ben venti, uomini e donne – che in quel momento, ignari proseguivano in galleria, allo svincolo o nei sottopassaggi, oltre alle morti poi confermate. La Croma marrone, che sfreccia sull’autostrada è la prima, dentro ci sono Vito, Antonio e Rocco, amici, compagni di Falcone che per ben dieci anni l’avevano protetto.

Già, poveri ragazzi, Bolzoni dice bene: mille chili di tritolo che brillano non ti danno il tempo di pensare. L’auto, che prima finisce nel cratere provocato dall’esplosione viene sbalzata via  con l’asfalto in un volo micidiale; dieci, venti, trenta… cento metri, vola via verso gli ulivi, via dall’autostrada e li si ferma. Muoiono tutti. La Mafia infame, spietata li ha portati tutti via da questa vita, ne mutila l’esistenza come ha martoriato i loro corpi.

Anche la Croma bianca ferma la sua corsa nell’asfalto dilaniato; l’auto impazzisce, si alza, si abbassa grazie al tritolo e all’urto e per loro, senza cinture non c’è scampo. Si salverà, fermo fra le lamiere e ferito Giuseppe Costanza, l’autista giudiziario. Quel giorno aveva voluto guidare proprio Falcone e la moglie aveva voluto restargli accanto. Dietro c’è la Croma azzurra, le altre due ormai sono andate: la prima è nel campo di ulivi, la seconda non è più distinguibile, loro…Paolo Capuzza, Angelo Corbo, Gaspare Cervello invece sono feriti ma salvi, in un auto dalle lamiere cerulee ridotte ormai ad un ammasso di ferri.

Non un racconto dell’orrore, ma la verità nuda e cruda, quella che non vorremmo vivere e sentir mai ma che deve essere ricordata affinché le nuove generazioni sappiano che volto ha l’Infamia senza gloria della Mafia, un gruppo di delinquenti e assassini senza scrupolo. E che volto avevano i nostri Eroi italiani, semplici ma non comuni e dal cuore grande, dagli ideali puri, dalla ferrea volontà di consegnare nelle nostre mani un mondo migliore.

Perché come diceva Giancarlo Siani, assassinato nell”85 dalla Camorra: “La criminalità non si combatte solo con i carabinieri. La gente deve sapere i fatti, quello che un giornalista deve fare è informare“.

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