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Sudafrica: Il presidente Ramaphosa ha annunciato il nuovo piano economico

Il 19 Settembre scorso il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa ha annunciato l’attivazione di un nuovo programma di riforme economiche e di piani di spesa per far ripartire l’economia del paese, in crisi già dal 2010 ed entrato in recessione proprio all’inizio di settembre 2018. Tra gli obiettivi del programma ci sono anche riconquistare la fiducia degli investitori locali e stranieri, evitare l’aumento del numero dei disoccupati e creare nuovi posti di lavoro e anche far fronte alle situazioni di maggiore vulnerabilità sociale ed economica, riconoscendo ai lavoratori neri maggiori opportunità.

Il piano dunque prevede: una revisione della regolamentazione del settore turistico, modificando le tariffe onerose, la lista dei paesi i cui cittadini devono ottenere il visto prima di entrare in Sudafrica e in generale i requisiti per il rilascio dei suddetti visti, favorendo anche i viaggi d’affari; l’ampliamento delle licenze nel settore radiofonico perchè diventi più libero e più competitivo; un ampliamento della spesa pubblica da investire nel settore agricolo, con l’aumento della produzione destinata all’esportazione, l’aumento dei posti di lavoro e il sostegno agli imprenditori agricoli neri; l’istituzione di un comitato consultivo per la riforma agraria, formato da esperti e che sia di supporto all’attuale comitato interministeriale; l’attuazione della nuova Carta mineraria che prevede l’aumento del numero dei proprietari neri di miniere, la riorganizzazione dei consigli di amministrazione con almeno la metà delle posizioni occupata da dirigenti neri e il riconoscimento alle comunità che vivono nelle zone minerarie del 10% dei profitti derivanti dalle attività di esplorazione ed estrazione. Le disposizioni contenute nella nuova Carta mineraria sono soprattutto indirizzate a risolvere il problema della mancanza di investimenti nel settore minerario ed energetico, ma ovviamente le imprese interessate hanno lanciato le maggiori critiche.

Il resto del piano prevede la rivitalizzazione delle città periferiche e delle aree rurali, con la creazione di aree industriali o il rafforzamento di quelle già esistenti e con la costituzione di un fondo per l’imprenditoria rurale e cittadina; un miglioramento del settore sanitario con l’acquisto di nuovi letti e 2.200 posti di lavoro da assegnare a infermieri e tirocinanti, infine la creazione del Fondo R400bn per le infrastrutture, a cui il governo dovrebbe contribuire con 400 miliardi di rand, ripartito in 3 anni, finanziato anche da banche di sviluppo, istituzioni finanziarie e altri soggetti pubblici e privati.

Quello che Ramaphosa vuole realizzare è di certo un piano multimiliardario. Il nuovo presidente si è trovato a dover ereditare un paese uscito economicamente, politicamente e socialmente indebolito dall’ex-governo Zuma, tutt’ora al centro di scandali, e non può certo deludere le aspettative dell’ANC, che con la sua nomina voleva uscire da una sorta di paralisi politica.

Sebbene il Sudafrica sia considerata un’economia emergente, considerazione che le ha permesso l’accesso nei BRICS nel 2010, negli anni successivi alla crisi economico-finanziaria del 2008 la crescita del suo PIL è diventata sempre meno ragguardevole (nel 2017 ad esempio è cresciuto solo dell’1,3%), la percentuale dei disoccupati si è invece alzata e attualmente è al 27% mentre il valore del rend è crollato del 20% quest’anno. Inoltre, dopo la fine dell’apartheid, le diseguaglianze non si sono davvero attenuate (il 90% della ricchezza del paese è ancora controllata dalla minoranza bianca) e la corruzione politica ha trovato il giusto ambiente per prosperare durante i quasi dieci anni di governo di Jacob Zuma. A tutto questo si aggiunge una forte dipendenza dai capitali e dagli investimenti stranieri, con i quali si finanziano i progetti di crescita.

Intanto, una delle più importanti agenzie di rating, Fitch, ha espresso una certa sfiducia verso il piano economico del governo e i suoi esiti. Fitch ha dichiarato che le misure incluse nel programma potrebbero anche sostenere la crescita ma non nel breve-medio periodo e ha ridotto le previsioni di crescita precedentemente divulgate: dall’1,7% allo 0,7% per il 2018 e dal 2,4% al 2,1% per il 2019.

L’Economist aggiunge che fino a quando il paese continuerà ad essere sostenuto dalla corruzione, fino a quando le leggi del lavoro rimarranno inflessibili e la maggior parte dei lavoratori poco istruiti e non qualificati, i problemi del Sudafrica non saranno risolti e non ci saranno quindi cambiamenti importanti.

Al di là di tutto però in pochi si prodigano nello spiegare quanto è dannoso per un paese emergente, in questo caso anche piuttosto fragile, dipendere così fortemente da finanziamenti e decisioni finanziarie che vengono prese oltreoceano e rimanere imprigionato in un debito sovrano sempre più tedioso.

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