Attualità

28 anni fa la strage di Via d’Amelio, l’attentato a Borsellino

Il 19 luglio 1992 avvenne la strage di Via D'Amelio a Palermo e in cui morirono Paolo Borsellino e i suoi cinque agenti della scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina

Ventotto anni, precisamente il 19 luglio 1992, l’Italia intera veniva scossa da un altro bagno di sangue dopo la strage di Capaci avvenuta due mesi prima e in cui morirono il magistrato Giovanni Falcone la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Si tratta dell’attentato di stampo mafioso di Via d’Amelio a Palermo, in cui persero la vita Paolo Borsellino e i suoi cinque agenti della scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. L’unico agente a sopravvivere fu Antonino Vullo.

Due attentati avvenuti nell’arco di due mesi che inevitabilmente segnarono l’Italia intera e in cui emersero tante contraddizioni e dettagli sulla liason tra Stato e Mafia, a cui poi seguirono i vari depistaggi successivamente mascherati. Così come la famosa agenda rossa svanita proprio quel giorno. Insomma, pagine di storia da riscrivere per arrivare alla verità e ai mandanti che hanno organizzato tutto questo.

Strage via D’Amelio: la ricostruzione

Dopo aver pranzato a Villagrazia di Carini con la famiglia, Paolo Borsellino si recò insieme alla sua scorta al civico 21 di via Mariano d’Amelio a Palermo, dove risiedevano all’epoca sua madre Maria Pia Lepanto e sua sorella Rita. Alle 16:58 di quella domenica del 19 luglio 1992 scoppiò l’inferno sotto l’abitazione: infatti una Fiat 126 imbottita di tritolo, parcheggiata sotto casa, scoppiò al passaggio del giudice e della scorta.

Un boato inaspettato quanto terrificante a cui seguì un’esplosione che non lasciò scampo al magistrato e a cinque agenti della scorta, Emanuela Loi (fu la prima donna a far parte di una scorta e anche prima donna della Polizia di Stato a morire in servizio), Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Unico sopravvissuto fu Antonino Vullo, scampato al momento della deflagrazione perché stava parcheggiando uno dei veicoli della scorta e risvegliatosi poi in ospedale in gravi condizioni.

L’agente di scorta sopravvissuto descrisse così quei momenti di terrore:

Il giudice e i miei colleghi erano già scesi dalle auto, io ero rimasto alla guida, stavo facendo manovra, stavo parcheggiando l’auto che era alla testa del corteo. Non ho sentito alcun rumore, niente di sospetto, assolutamente nulla. Improvvisamente è stato l’inferno. Ho visto una grossa fiammata, ho sentito sobbalzare la blindata. L’onda d’urto mi ha sbalzato dal sedile. Non so come ho fatto a scendere dalla macchina. Attorno a me c’erano brandelli di carne umana sparsi dappertutto…”.

Lo scenario apocalittico fu descritto così dal personale della Squadra Mobile locale giunto sul posto: “Decine di auto distrutte dalle fiamme, altre che continuano a bruciare, proiettili che a causa del calore esplodono da soli, gente che urla chiedendo aiuto, nonché alcuni corpi orrendamente dilaniati”.

Un evento che cambiò le sorti di un paese dilaniato dalle stragi mafiose ma che risvegliò nel popolo italiano, e in particolare quello siciliano, la coscienza di dire “basta” alla mafia.

Tag

Veronica Mandalà

Palermitana di nascita, sono laureata in Media, Comunicazione Digitale e Giornalismo all'Università "La Sapienza" di Roma. Appassionata scrutatrice della realtà in tutte le sue sfumature, mi occupo di attualità, politica, sport e altro.
Back to top button
Close
Close