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Arrestate 22 persone vicine a Matteo Messina Denaro

Sono 22 gli arresti effettuati all’alba di stamane nelle province di Castelvetrano, Campobello di Mazara e Partanna. Il blitz effettuato da polizia, carabinieri e direzione Investigativa antimafia ha stretto il cerchio attorno al super latitante, capo di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro. È l’ennesimo colpo inferto dallo Stato alla rete relazionale, criminale ed economica del ricercato.

L’indagine che ha portato al blitz ha avuto inizio a Trapani con il fermo di una ventina di presunti  boss, amici stretti del capo dei capi. Gli investigatori sono risaliti così alla rete usata da Messina Denaro per lo smistamento dei “pizzini” con cui impartiva gli ordini ai suoi uomini.

Le indagini hanno inoltre rivelato il ruolo ancora centrale in Cosa Nostra di Messina Denaro nel territorio trapanese, ma non solo, anche il ruolo del cognato come reggente del mandamento di Castelvetrano successivamente all’arresto di altri componenti della famiglia. Intercettazioni, appostamenti, pedinamenti hanno evidenziato come Cosa Nostra eserciti un controllo capillare del territorio e ricorra spesso e volentieri a intimidazioni, minacce, pressioni per infiltrarsi nel tessuto economico e sociale.

Ai 22 arrestati sono state notificate le accuse di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, danneggiamento, detenzione illegale di armi e intestazione di beni fittizia. Tutti reati su cui pesa l’aggravante delle modalità mafiose.

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Messina Denaro come un Santo

Vedi, una statua gli devono fare… una statua… una statua allo zio Ciccio che vale. Padre Pio ci devono mettere allo zio Ciccio e a quello accanto… quelli sono i  Santi” – così parlava uno dei mafiosi fermati stamane dalla Dia di Palermo e che ha portato all’arresto del boss locale, amico del capo dei capi. Non sapendo di essere intercettati parlavano così di Matteo Messina Denaro e suo padre, Francesco, capomafia di Castelvetrano morto nel 1988.

I due boss vengono paragonati ai Santi, martiri della fede e ricercatori della verità divina, e a Padre Pio, santo quanto mai lontano dagli usi e costumi della mafia. Idolatrati addirittura, quasi come eroi mitologici, che hanno compiuto gesta incredibili per la propria Patria.

Io ho le mie vedute… che c**** vuoi? Significa essere colpevole? Arrestami. Che spacchiu (cavolo) hai? Che fa? Non posso dire quello che penso?” – prosegue lo stesso mafioso rivolto al suo interlocutore. “È potuto essere stragista… cosa minchia sia a me… le cose giuste. Voialtri tanto mangiate. State facendo diventare un paese… l’Italia è un paese pieno di merda… uno stivale pieno di merda… le persone sono scontente… questo fate voi… e glielo posso dire? Arrestami… che minchia vuoi?” – ribatte l’interlocutore che paragona i boss mafiosi alla classe politica e dirigente italiana.

Il bambino sciolto nell’acido

Allora ha sciolto a quello nell’acido, non ha fatto bene?” Il riferimento è lampante. I due parlano del drammatico rapimento e uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Santino Di Matteo. Sequestrato per 779 giorni viene poi ucciso e sciolto nell’acido per convincere il padre a ritrattare.

Se la stirpe è quella… suo padre perché ha cantato?” – domanda l’interlocutore al compagno mafioso. Quest’ultimo invece rincara la dose, esaltando la scelta di Riina di eliminare barbaramente un bambino di soli 13 anni come vendetta verso il padre, colpevole di aver rovinato Cosa Nostra. “Ha rovinato mezza Palermo quello… allora perfetto“.

“Il bambino è giusto non si tocca però aspetta un minuto… perché se no a due giorni lo poteva sciogliere… settecento giorni sono due anni… tu perché non ritrattavi tutte cose? Se tenevi a tuo figlio, allora sei tu che non ci tenevi” – gli fa eco l’altro.

Giusto! Perfetto! E allora… fuori dai coglioni. Dice: ‘io sono in una zona segreta, sono protetto, non mi possono fare niente’… si a te… però ricordati coglione che una persona la puoi ammazzare una sola volta, ma la puoi far soffrireun mare di volte“.

Strascichi di una vita fatta di criminalità, omocidio, dolore e sofferenza inflitta a chi non si allineava ai dettami del boss. Una vita complicata decisa solo dalle regole di Cosa Nostra, uno Stato nello Stato.

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