Attacco Chimico in Siria, aumenta la tensione tra USA e Russia
Social media e media tradizionalisti invasi, a ragione, dalle immagini di quanto accaduto ieri nel nord della Siria. Le immagini scioccanti, atroci e disumane di poveri inermi siriani morti per colpa del Sarin hanno fatto il giro del mondo e di certo colpito le coscienze di molti di noi. All’indomani del presunto attacco chimico il dato macabro indica almeno 74 persone uccise in una guerra il cui senso, se c’è, è difficilmente accettabile su di un piano morale. Quest’attacco, però, produce anche il rinfocolarsi delle tensioni internazionali con le due maggiori superpotenze, Usa e Russia, pronte a scontrarsi.
Nel corso degli ultimi mesi soprattutto gli Stati Uniti della linea Trump iniziavano a far cadere la richiesta di una soluzione pacifica del conflitto che prevedesse l’eliminazione del regime di Assad in quanto i ribelli, in particolar modo dopo la sconfitta nella battaglia di Aleppo, non erano considerati in grado di sostenere lo sforzo bellico necessario a sopraffare il regime che è tenuto in piedi soprattutto da Russia ed Iran. Pochi giorni fa una dichiarazione rilasciata dall’ambasciata statunitense a Damasco aveva evidenziato che per quanto Assad fosse considerato ostacolo per il processo di pace, al momento la sua rimozione dal potere sembrava trascurabile.
Quanto accaduto in questi giorni ribalta di certo la situazione. È stato fatto notare, infatti, che l’uso di armi chimiche rende più difficile per la comunità internazionale accettare la ratifica di qualsiasi accordo di pace che non preveda la rimozione di Assad. Il nodo della questione oggi si pone proprio qui con il rischio di generare da un lato un pantano diplomatico e, dall’altro, l’aumento della tensione tra USA e Russia con una crescita dell’intensità dell’intervento statunitense, probabilmente anche in loco, a sostegno della caduta del regime e in chiara opposizione con l’intervento russo.
L’attacco chimico sulla popolazione civile è avvenuto nella provincia di Idlib una delle ultime grandi roccaforti dei ribelli e, per quanto l’Organizzazione Mondiale della Sanità abbia confermato che i sintomi della popolazione colpita erano coerenti con l’esposizione a un agente nervino, probabilmente il gas Sarin, una dichiarazione del ministero della Difesa russo, in controcanto alle affermazioni di biasimo e di condanna al regime siriano arrivate dall’amministrazione statunitense e da alcuni paesi europei, afferma che quel gas, che ha ucciso decine di persone nel nord-ovest della Siria, era fuoriuscito da un deposito di armi chimiche in mano ai ribelli successivamente al bombardamento dei caccia di Assad. Un argomento utile a Putin per porre un veto a qualsiasi risoluzione di condanna in sede ONU e continuare a tenere in piedi un regime che, a parte gli ultimi eventi, sicuramente non ha brillato in termini di tutela dei diritti umani anche in condizioni di guerra.
Per adesso, per via diplomatica, Washington, Parigi e Londra hanno elaborato un progetto di risoluzione in sede Consiglio di Sicurezza U.N. che condanna l’attacco limitandosi a prevedere l’apertura di un’indagine. Sul piano delle ipotesi di interventi operativi bisognerà aspettare le evoluzioni della posizione da parte statunitense sul conflitto nel prossimo futuro. Elemento che accresce la tensione sarà la necessità del presidente statunitense di dimostrare la sua indipendenza dalle accuse di sostegno alle politiche russe.
È certo, però, che la guerra in Siria continua a far strage di civili e il territorio siriano diviene sempre di più un territorio senza popolo, una polveriera che esplode spazzando via civili, trasformati in cadaveri o profughi, per lasciare spazio alla terra bruciata utile forse ad interessi che hanno il sapore di tutto fuorche il diritto alla vita dell’essere umano.