Attualità

Manvendra Singh Gohil, il principe indiano che lotta per i diritti gay

Il pride month, mese dedicato a manifestazioni ed iniziative legate alla sensibilizzazione nei confronti della comunità LGBT, si concluderà tra due settimane. Le associazioni LGBT di tutto il mondo continuano a denunciare ogni giorno le ingiustizie che ancora si verificano e durante il mese di giugno tante persone hanno modo di manifestare la propria solidarietà, difendere l’uguaglianza e il diritto di amare. In Italia la legge sulle unioni civili ha rappresentato un piccolo, grande passo verso la civiltà. Molte coppie omosessuali lo aspettavano da tempo e anche altri paesi recentemente hanno cominciato a muoversi apportando modifiche alla legislazione, aprendosi e accogliendo il cambiamento.

Tuttavia, in numerose aree del mondo l’omosessualità è ancora vista spesso come una vergogna, a volte addirittura come un reato, e tante persone gay sono costrette a vivere doppie vite rischiando il carcere o la morte. L’India è uno di questi paesi e in occasione del pride month c’è una storia che vogliamo raccontare. Quella del principe gay che sogna di poter creare un luogo dove gli omosessuali indiani possano sentirsi accolti. L’uomo in questione si chiama Manvendra Singh Gohil, ha 53 anni ed è l’ultimo erede di un’importante famiglia reale indiana.
Nasce nel 1965 nella città di Ajmer, in India. Nel 1991, quando Manvendra ha 26 anni, la famiglia decide di combinare il suo matrimonio con una principessa, Chandrika Kumari. L’unione non viene consumata, i due divorziano. I genitori del principe, quando scoprono l’omosessualità del figlio, iniziano a considerarlo come un malato da curare e l’uomo viene sottoposto all’elettroshock che, ovviamente, non ha alcun esito, se non quello di far soffrire ulteriormente Manvendra. Alcuni anni dopo, nel 2006, il principe decide di rilasciare un’intervista al quotidiano Times of India e fa pubblicamente coming out. La famiglia non può accettare una cosa del genere, non può accettare di avere un figlio omosessuale in un paese come l’India. Nel codice penale indiano esiste un articolo, il 377, che rende perseguibili dalla legge “le relazioni carnali contro natura”. Chi ha relazioni omosessuali rischia fino a dieci anni di carcere.

E, nonostante ci siano state delle aperture, come la possibilità di organizzare a Delhi o a Mumbai un Gay pride, “la società indiana resta più conservatrice della legge, in particolare dove le famiglie reali rappresentano ancora dei modelli di vita, anche se non hanno più alcun ruolo politico”. Questo è quanto scrive Raphaelle Bacqué, giornalista di “Le Monde”, che ha avuto la possibilità di incontrare il principe. Il lungo ritratto fatto dalla giornalista è stato tradotto e pubblicato recentemente su Internazionale.
Inutile dire che la famiglia di Manvendra ha deciso di rompere tutti i contatti e minaccia continuamente di diseredarlo a meno che non decida di abbandonare “una vita così scandalosa”. La madre non vuole nemmeno vederlo e i due non hanno più contatti da anni.
Intanto il principe è diventato una star internazionale e ha ricevuto importanti inviti, tra i quali quello nel salotto della regina della televisione statunitense, Oprah Winfrey, per raccontare la sua storia nel 2007 e nel 2011. Manvendra ha dichiarato più volte di voler creare un palazzo dove ospitare tutti coloro che nel paese vogliono poter vivere liberamente la propria omosessualità. Tuttavia, ha dichiarato nell’intervista su “Le Monde”, “nessuno in India vuole dare soldi agli omosessuali e, nonostante le nostre richieste di donazioni, in due anni abbiamo raccolto meno di duemila dollari (circa 1700 euro)”. Ma Manvendra non si arrende: nel 2000 ha deciso di fondare un’associazione per la lotta contro l’hiv dal nome “Lakshya trust”. L’associazione si impegna nella prevenzione dell’aids ma l’appartamento di Manvendra in cui ha sede è anche “un luogo d’incontro per i gay della regione” e Baqué ha avuto l’occasione di incontrarne alcuni. Molti di loro vivono doppie vite con mogli e figli, altri invece hanno fatto coming out e sono costretti a sopportare gli insulti della gente, a celarsi nell’ombra. Ma in India gli omosessuali sono tanti: “secondo la National aids control organisation (Naco) in India sono almeno due milioni e mezzo solo tra i ragazzi. E a Vadodara, dove ho fondato l’associazione Lakshya trust per la prevenzione e la lotta contro l’aids, sono circa diecimila” ha detto Manvendra. L’interesse mostrato per la storia e le iniziative del principe dai media di tutto il mondo potrebbe costituire per gli omosessuali indiani l’inizio di un’apertura. Probabilmente ci vorranno ancora molti anni ma, in fondo, sognare non costa nulla.

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