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Pavarotti: Recensione del film documentario di Ron Howard

Il documentario su Pavarotti diretto da Ron Howard uscirà al cinema a partire dal 28 Ottobre, ecco la recensione del film sulla vita del tenore

La storia di Luciano Pavarotti torna ad incantare ed emozionare grazie al nuovo documentario diretto da Ron Howard e presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma 2019. La sfida è in partenza abbastanza ardua: Luciano Pavarotti iniziò la sua carriera come tenore d’opera guadagnando la sua fama sul palcoscenico ma comunque nella ristretta cerchia degli estimatori.

Alla fine della sua carriera, quella che tutti conosciamo, fu sovraesposto al pubblico e alla stampa, tanto da diventare in primis fenomeno mediatico e comunicativo. Un buon documentario, quale quello di Ron Howard è, deve essere capace di raccontare tutte le fasi della carriera del tenore, riuscendo a restituirne un quadro completo che non si possa far influenzare dalla fama postuma che ha asceso il famoso cantante a status di semidio.

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Pavarotti, mostrata soprattutto l’umanità del tenore

Come ogni documentario musicale che si rispetti, muove tra testimonianze (familiari e non) e performance dal vivo. Ron Howard è molto bravo nel raccontare l’ascesa del mito, tutti i passaggi che l’hanno portato dall’Emilia-Romagna al tetto del mondo. Manca spesso una certa contestualizzazione temporale, ma la sequenza in cui i fatti vengono raccontati è sempre precisa e comprensibile anche ai meno esperti.

Sono le interviste di parenti, amici, colleghi, ma soprattutto brevi spezzoni in cui Pavarotti racconta sè stesso che fanno emergere la grande umiltà e umanità del cantante lirico. Nonostante gli ultimi due anni della sua vita siano stati segnati dallo “scandalo” per il divorzio e secondo matrimonio, la sua figura viene sviluppata sia sul campo artistico che su quello affettivo.

luciano pavarotti, nicoletta mantovani
C5NE8X luciano pavarotti, nicoletta mantovani

Tardano infatti ad arrivare le famosissime immagini dei vari Pavarotti and Friends, i concerti dei Tre Tenori e tutto quello che l’ha reso icona popolare. D’altronde, come lui stesso dichiara in una vecchia intervista all’inizio del film, il merito maggiore autoattribuito è stato quello di portare la musica lirica al grande pubblico, alle masse.

È quindi vero che nell’economia complessiva del minutaggio abbastanza prolisso, buona parte è dedicata alla costruzione di una narrazione, anche abbastanza in controtendenza con la communis opinio.

Il successo internazionale e le interviste a grandi star

Il cambio di passo della carriera di Pavarotti avviene quasi in contemporanea al suo cambio di manager. Manager abituati a gestire grandi eventi ed eventi commerciali cooptano il modenese in progetti indubbiamente innovativi ed ambiziosi.

Qui nasce la mitologia del cantante d’opera che viene ampiamente sottolineata, e forse, anche in maniera abbastanza prolissa. Grande ruolo nella seconda parte del film è ricoperto da Bono Vox, frontman degli U2 e storico amico di Pavarotti, i suoi manager ma soprattutto Nicoletta Mantovani, colpo di fulmine e in seguito seconda moglie dell’artista. L’ultima parte è quindi dedicata agli screzi familiari, illustrati comunque in maniera molto introversa, e la morte del protagonista totale.

È dato molto spazio anche ad aneddoti divertenti o commoventi sulla vita del tenore, come la volontà di cancellare tutti i concerti in programma per assistere la figlia ammalata gravemente oppure la decisione di continuare la relazione con la Mantovani anche dopo aver saputo della sclerosi multipla dell’ultima.

In sostanza, la figura generosa e filantropica di Pavarotti viene messa in prima linea, cercando – sia pure con massima riverenza – di umanizzare un mito ancora oggi ritenuto inarrivabile dal punto di vista tecnico ed umano.

Come ogni documentario musicale che si rispetti, poi, una lunga sequenza finale è dedicata alla grande performance di Nessun Dorma alle Terme di Caracalla, simbolo – per molti – di italianità esportata nel mondo. Il film Pavarotti è indubbiamente indirizzato ad un grande pubblico, americano in primis, che saprà apprezzarlo in quanto i ritmi sono pensati per la loro esplicita fruizione. Tuttavia anche noi che abbiamo dato i natali al tenore non potremo evitare di emozionarci davanti alla vita e al talento di tale personaggio.

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Matteo Squillante

Napoletano di nascita, attualmente vivo a Roma. Giornalista pubblicista, mi definisco idealista e sognatore studente di Storia e Culture Globali presso l'Università di Roma Tor Vergata. Osservatore silenzioso e spesso pedante della società attuale. Scrivo di ciò che mi interessa: principalmente politica, cinema e temi sociali.
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