Cinema

American Animals: Recensione del Film sul “furto del secolo”

Una storia poco conosciuta se non dagli addetti al settore: nel 2004 quattro studenti riuscirono a rapinare la biblioteca della Transylvania University, negli Stati Uniti, trafugando libri per un valore potenziale di 12 milioni di dollari. I quattro avevano notato una sicurezza carente nella custiodia di quei volumi pregiati tra cui la prima edizione de L’origine della specie di Darwin e delle illustrazioni dal nome Animals of America.

Il furto destò parecchio scalpore in quanto – probabilmente – solo dopo il colpo ci si rese conto che i beni erano custoditi in maniera superficiale. I ragazzi, nonostante fossero principianti, non lasciarono nè tracce, nè testimoni e riuscirono ad essere incastrati solo da un piccolo particolare. Da questa storia Bart Layton ha creato una specie di mockumentary mischiando e intrecciando parti recitate ad interviste e comparse dei veri autori del colpo, che dal 2011 hanno finito di scontare la pena a loro assegnata.

Con un cast veramente ridotto all’osso (i quattro attori, più i ladri reali che interpretano loro stessi), viene raccontata la genesi, il furto e le conseguenze del colpo e i corollari fattuali ed emotive ricadute sui ladri improvvisati.

Warren, una sorta di capobanda, è interpretato da Evan Peters, mentre Spencer da Barry Keoghan. A loro, amici, si uniscono altri due complici, assemblati come se si trattasse di una banda vera. Eric è Jared Abrhamson e Chas è Blake Jenner.

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La banda, imitando Le Iene (“il peggior film di Tarantino“, dicono i protagonisti), si da nomignoli come Mr.Black, Yellow, Pink e così via. Il loro furto ha qualcosa di infantile che travalica i confini dell’amatoriale, non è esclusa, dunque, una certa ironia nella presentazione dei fatti.

American Animals: gli “otto protagonisti” non convincono

Ironia che sparisce lasciando posto alla confusione. La presenza dei veri protagonisti è abbastanza destabilizzante perchè il film avrebbe potuto tranquillamente funzionare (forse anche meglio) lasciando il posto agli attori, riservando una scena post-credit ai protagonisti. I ragazzi che interpretano loro stessi entrano continuamente nella narrazione con le discrepanze nelle versioni di ognuno e in brevissimi camei.

Questa presenza sminuisce il lavoro degli attori, tra cui spicca la performance dell'”inquietante” Barry Keoghan, mettendo lo spettatore in condizione di giudicare le discrepanze tra la realtà e la finzione.

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American Animals non riesce a decollare del tutto, la narrazione e la sceneggiatura sono abbastanza lineari però l’impressione che i personaggi non siano stati trattati a tutto tondo è forte. Gli elementi che allora più colpirono l’opinione pubblica furono la buona condotta dei ragazzi, studenti e senza precedenti, e il loro background familiare di buon livello; di questo è presente solo un accenno nel film, grazie alla famiglia di Spencer che si premura dei comportamenti insoliti del figlio.

La rapina fallisce sia per inesperienza, li tradisce la poca esperienza nel mondo dei ricettatori di opere d’arte; sia per i sensi di colpa per aver “torturato” la bibliotecaria, una signora anziana lasciata ansimante sul pavimento. Questa loro insofferenza verso il mondo li spingerà a compiere atti insensati, forse per confessare la loro colpa.

American Animals: gli spunti di regia sono interessanti

L’idea di unire voci reali e voci fittizie non funziona, però ciò è attenuato da ottimi spunti di regia e una buona colonna sonora che ben scandisce i diversi momenti del film. La scena iniziale, in particolare, conserva una carica artistica molto forte, alternando momenti di inquadrature ruotate di 180 gradi, montaggio frenetico e sovrapposizione di illustrazioni di animali.

Nel film non c’è un clima di “allegria da rapina”, come in un Ocean’s Eleven, ma un clima mesto e straniante dalle prime battute. American Animals è un film che, in definitiva, muove sul senso di colpa, probabilmente “l’immagine” che ha ispirato Bart Layton nella realizzazione del film.

Voto: 3/5

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Matteo Squillante

Napoletano di nascita, attualmente vivo a Roma. Giornalista pubblicista, mi definisco idealista e sognatore studente di Storia e Culture Globali presso l'Università di Roma Tor Vergata. Osservatore silenzioso e spesso pedante della società attuale. Scrivo di ciò che mi interessa: principalmente politica, cinema e temi sociali.
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