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Attacco USA alla Siria, c’è spazio per una mediazione?

Dopo la risposta militare statunitense ai fatti di Khan Sheikhoun c’è ancora spazio per una mediazione? Difficile. L’attacco militare Usa lanciato a suon di missili sulla base aerea dell’esercito di Assad al grido de “il mondo mi segua!” indica la direzione opposta e l’attacco a Stoccolma sembra chiedere con forza una reazione anche in chiave Nato: la guerra. Lo spazio per la diplomazia è ormai ristretto alle dinamiche dell’escalation e i falchi, sorretti da un vento di guerra che tira sempre più forte, volano alto e puntano ognuno verso il proprio obbiettivo.

Da oggi sui cieli della Siria non voleranno solo Mig e per l’opposizione siriana ad Assad, che non possiede aviazione, questo è un dato positivo. Il portavoce dell’opposizione siriana Ahmad Ramadan, infatti, ha accolto con favore “l’attacco e chiede a Washington di neutralizzare la capacità di compiere attacchi” del presidente Bashar al-Assad. L’opposizione ha anche spiegato che l’aeroporto di Homs, da cui sarebbero partiti gli attacchi aerei siriani dei giorni scorsi, “era un centro per la produzione di barili di esplosivi e un luogo dotato di missili con sostanze chimiche”.

ATTACCO USA ALLA SIRIA: RUSSIA CONTRO L’AMERICA

Il rischio di un errore statunitense in fase operativa è comunque alto e non sempre si possono avvisare i russi per tempo che un bombardamento è in arrivo e la Russia, inoltre, è alleata di Assad. Comunque, solo 26 dei missili lanciati dalle navi Usa hanno centrato un obbiettivo militare. Solo 6 Mig 23 in disuso sono stati distrutti. Conta poco perché l’attacco è simbolico. Vero che la dinamica dell’attacco permette ancora un margine di dialogo ma la rabbia dalle parti di Mosca è tangibile, l’Europa è shockata e la Turchia scalpita. Erdogan ha affermato che la Turchia sarebbe disposta a fare “tutta la nostra parte” per sostenere una possibile azione militare.

La Russia, dal canto suo, aveva avvisato gli Stati Uniti su possibili “conseguenze negative” per l’azione militare in Siria in risposta agli attacchi chimici di questa settimana. Vladimir Safronkov, ambasciatore russo presso le Nazioni Unite, ha detto alla stampa: “Pensate alle conseguenze negative. Tutta la responsabilità…sarà sulle spalle di quelli che iniziano”. Inoltre alla domanda su quali siano tali conseguenze, il diplomatico ha sottolineato “la storia” e di guardare ai casi di Iraq e Libia, dove gli Stati Uniti hanno utilizzato la forza.

ATTACCO STATI UNITI IN SIRIA: L’EUROPA SOSTIENE TRUMP

Nonostante il pieno sostegno a Trump arrivato da gran parte della comunità internazionale, compresi i vertici dell’Unione Europea, per un attacco, quello di questa notte, inteso come risposta proporzionale all’attacco chimico di Khan Sheikhoun, per quanto ipotizzabile, non è chiaro che tipo di coalizione internazionale possa costituirsi. Oltre alla certa Turchia, bisogna chiedersi in che termini Germania, Gran Bretagna e Francia, singolarmente, potranno essere della partita ma quanto accade nella pacifica Stoccolma facilita una presa di posizione europea a favore di un intervento e probabilmente sotto l’ombrello della NATO. Non è da escludere anche Israele che nelle settimane scorse aveva già compiuto alcune incursioni aeree in territorio siriano colpendo obbiettivi Hesbollah che erano a supporto di Assad.

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ATTACCO IN SIRIA: L’ITALIA CREDE NEL NEGOZIATO

L’aggravarsi ulteriore della situazione siriana potrebbe toccare forse anche gli interessi di casa nostra nel Mediterraneo e del resto buona parte delle motivazioni che hanno fatto esplodere la guerra in Siria parla di ISIS ma anche della capacità di proiezione ed influenza nel Mediterraneo (si faccia riferimento al sostegno iraniano ad Assad). Per tale motivo il premier Gentiloni si esprime con prudenza affermando che “gli Stati Uniti hanno definito la loro azione come puntuale e limitata e non come una tappa di una escalation militare”. Aggiungendo successivamente: “L’azione di questa notte come noto si è sviluppata nella base aerea da cui erano partiti gli attacchi con uso di armi chimiche nei giorni scorsi contro un crimine di guerra il cui responsabile è il regime di Assad”.

Da parte italiana, comunque, la chiave per la risoluzione della guerra siriana sembrava essere la diplomazia, infatti, per affermazione del Primo Ministro Gentiloni: “L’Italia è sempre stata convinta che una soluzione duratura per la Siria vada cercata nel negoziato. Era e resta la nostra posizione. Il negoziato deve comprendere tanto le forze di opposizione quanto il regime, sotto l’egida delle nazioni unite con ruolo decisivo e costruttivo della Russia”.

Intanto la Libyan National Oil Company (NOC) ha annunciato la scoperta di un nuovo giacimento di gas marittimo a circa 140 chilometri a nord della costa occidentale del paese nordafricano. In un comunicato inviato ai media, il NOC ha detto che la nuova vena, che si trova a soli cinque chilometri dal sito marittimo di Al Buira, è stata scoperta in collaborazione con ENI. Il nuovo sito che sarà gestito da una società di proprietà di NOC e Eni attraverso Mellitah Oil & Gas B.V. è una sacca che inizia alla profonda di circa 150 metri sino a raggiungere i 2.981 metri di profondità. Si stima che il primo strato in grado di produrre 8 milioni di piedi cubi di gas e circa 800 barili di greggio al giorno. Che tale annuncio arrivi in concomitanza con i tragici eventi in Siria ed Europa è certamente casuale ma di sicuro posiziona le manovre della diplomazia italiana, anche in termini di tutela degli interessi del Paese, in uno spazio maggiormente ristretto considerando anche la presenza di un clima che si avvicina sempre di più ad una nuova guerra fredda.

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